Siamo tutti vittime

vittime carderiHyroshima, Chernobyl, lo tsunami, l’eruzione del Vesuvio, l’11 Settembre con l’attentato alle due Torri e l’attuale terremoto che ha colpito e in parte devastato l’Abruzzo, lambendo pure Lazio ed Umbria, sono solo alcuni degli eventi a cui negli anni tutti noi abbiamo assistito e di cui tutti noi siamo stati vittime più o meno consapevoli.

L’effetto devastante può, infatti, non fermarsi al momento e al luogo in cui l’evento si verifica, ma come un’onda propagarsi ed investire la collettività.

Gli eventi critici collettivi comportano molteplici situazioni di vittimizzazione a cui corrispondono altrettante tipologie di vittime.

L’essere testimone o il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o minaccia di morte o lesioni sopportate da un membro della famiglia o da altra persona con cui si è in stretta relazione, ha lo stesso effetto traumatizzante di chi lo ha vissuto in prima persona. Per di più, anche chi, come i soccorritori e gli operatori sanitari, lavora in condizioni di emergenza e opera sulla scena dell’evento, è fortemente a rischio sul piano psico-traumatico tanto da andare in contro a una “traumatizzazione vicaria” (Dolce, Ricciardi e Tarantolo, 2005).

Questo perché le reazioni individuali, come paura, angoscia e panico in alcuni casi, sono tanto intense da avere sulla collettività, un effetto di amplificazione e di contagio emotivo. La persona che è stata esposta direttamente o indirettamente a un evento traumatico prova paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore. Subito dopo il trauma può manifestare sintomi dissociativi come “ottundimento” o distacco psichico, ridotta consapevolezza rispetto all’ambiente, derealizzazione, depersonalizzazione o amnesia.

Le modalità di evitamento possono interferire con le relazioni interpersonali e portare a conflitti coniugali, divorzio o perdita del lavoro. Inoltre le vittime possono descrivere dolorosi sentimenti di colpa per il fatto di essere sopravvissuti a differenza degli altri o per ciò che hanno dovuto fare per sopravvivere.

Descrivere la totalità dei fenomeni psicologici caratteristici delle situazioni di emergenza è impresa ardua. La quantità e la qualità della reazione soggettiva, ossia il tipo e l’intensità della risposta, dipendono da una serie di variabili, tra le quali particolarmente importanti sono: la natura dell’evento traumatico, il livello di coinvolgimento, le caratteristiche del soggetto e del sistema di supporto, la qualità e la tempestività dell’intervento di supporto psicologico.

Almeno in alcuni casi si può manifestare la seguente costellazione di sintomi, che risulta associata più comunemente con eventi stressanti di tipo interpersonale (per es., abuso sessuale o fisico nell’infanzia, violenze domestiche, essere presi in ostaggio, incarcerazione come prigioniero di guerra o in un campo di concentramento, tortura): compromissione della modulazione affettiva, comportamento autolesivo e impulsivo, lamentele somatiche, sentimenti di inefficienza, vergogna, disperazione o mancanza di speranza, sentirsi irreparabilmente danneggiati, perdita di convinzioni precedentemente sostenute, ostilità, ritiro sociale, sensazione di minaccia costante, compromissione delle relazioni con gli altri, oppure cambiamento delle caratteristiche precedenti di personalità. Inoltre, le molteplici manifestazioni possono comparire nei soggetti interessati in forma isolata o, come molto più spesso avviene, associate tra loro in varie forme.

Un esempio di come le diverse manifestazioni possano aggregarsi dando luogo a quadri psicologici o psicopatologici che si connotano come vere e proprie sindromi è quello della Sindrome da Disastro, una condizione clinica in cui inizialmente si osservano nel soggetto: assenza di emozioni, inibizione dell’attività, indecisione, mancanza di reazioni, comportamenti automatici, che possono sfociare, nel medio periodo, nello sviluppo di disturbi d’ansia acuti, fobie specifiche, disturbi ossessivi, ricordi intrusivi, sensi di colpa, condotte variamente aggressive dovute a sentimenti di ostilità irrazionali (Cusano e Napoli, 2005).

È innegabile che l’evento traumatico lascia in chi lo subisce segni tangibili che si manifestano non solo a livello fisico ma anche e soprattutto a livello psicologico.

In queste condizioni altamente critiche l’intervento psicologico deve mirare ad implementare risorse positive interne, favorire il processo di resilienza, sostenere un nuovo riadattamento alla vita, operare prevalentemente in un contesto di hic et nunc .

                                                                                                                                               Dr.ssa Anna Carderi