Le questioni sono tante, le perplessità infinite. Il primo spot contro l’omofobia realizzato da un Governo in Italia
fa riferimento ad un modello affermativo che vede l’omosessualità come esito alternativo e naturale dello sviluppo psicosessuale umano e l’integrazione del proprio desiderio omosessuale in una propria identità sessuale come una possibilità valida e sana per molti individui.
Attenzione!!! Confondere l’etica con la legittimità può creare dei cortocircuiti informativi pericolosi da cui possono derivare luoghi comuni ancor più pericolosi.
Il rischio che si corre utilizzando una siffatta campagna informativa è quello di etichettare e far passare il fuorviante messaggio che l’omosessualità è una situazione anormale, non conforme alla propria appartenenza di genere e non equivalente alla norma eterosessuale. Un qualcosa che deve essere classificato perché dovuto ad una forma di arresto o regressione del normale percorso di sviluppo, insinuando il dubbio o avvallando l’ipotesi che l’omosessualità sia una malattia e portando così ad ipotizzare che identificando ad esempio, i geni che ne sono responsabili e agendo su di essi si possa eliminarla alla “radice” e quindi curare. In extremis l’errata interpretazione che viene a crearsi stimola e rende lecito pensare che gli omosessuali sono persone disturbate mentalmente che assumono comportamenti devianti e perversi e come tali socialmente pericolose.
Ecco come per effetto del paradosso una campagna di sensibilizzazione può trasformarsi in una vera e propria caccia alle streghe, trasformando l’omosessualità nel capro espiatorio dei mali sociali.
dr.ssa Anna Carderi