La sindrome del molestatore assillante: lo stalking

stalkingTelefonate silenti nel cuore della notte, sms osceni, regali indesiderati …. Sono 3 milioni 466 mila le donne che hanno subìto stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l’ha subìto dall’ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall’ex partner.

Un fenomeno caratterizzato da insistenza e reiterazione di un comportamento o atto persecutorio volto a molestare la vittima o a porla in uno stato di paura e soggezione, provocandole un disagio fisico e psichico tale da comprometterne il normale svolgimento della quotidianità.

Si tratta di messaggi, telefonate ed e-mail insistenti, esposizione di foto o video intimi/privati riguardanti la vittima,  appostamenti e pedinamenti che possono rimanere tali od evolvere in veri e propri atti di violenza fisica, riconducibili ai reati di percosse, lesioni o abusi sessuali.

I dati Istat indicano che il 50% delle violenze fisiche o sessuali sono stati preceduti da stalking e che nel 10% dei casi le molestie assillanti si sono concluse con l’omicidio.

Spesso il molestatore è qualcuno che ben conosciamo, un ex partner (50%), che agisce nel tentativo di recuperare il rapporto o per vendicarsi del rifiuto subito. In questo caso lo stalking assume le caratteristiche di minacce esplicite, riconducibili, ad esempio, a recriminazioni o a motivi di contenzioso; denigrazione della perseguitata ad esempio con la diffusione di filmati che la ritraggano in atteggiamenti intimi/sessuali; iniziative giudiziarie relative all’affidamento, al mantenimento, agli incontri con i figli; molestie e minacce più o meno esplicite finalizzate esclusivamente ad imporre un controllo sulla vita della persona ed una limitazione della sua libertà; abuso verbale e/o fisico nei confronti di terze persone (familiari, amici) che sostengono o aiutano la vittima; comportamenti oppressivi caratterizzati da elevati livelli di violenza fisica, verbale e danneggiamenti a cose di proprietà della vittima; atti persecutori fortuiti o premeditati.

In altri casi ci troviamo davanti al molestatore in cerca di intimità o ad un corteggiatore inadeguato come un amico o un collega, che agiscono con l’intento di stabilire una relazione sentimentale, imponendo insistentemente la propria presenza.

Meno frequente è il caso di individui affetti da disturbi mentali, per i quali l’atteggiamento persecutorio ha origine dalla delirante convinzione di avere una relazione consensuale con la vittima.

Lo stalker più pericoloso è il predatore poiché la vessata, in quanto “preda”, è ad elevato rischio di subire violenza fisica, sessuale e/o omicidiaria. Il livello iniziale di conoscenza fra vittima e questa tipologia di “ stalker” è basso ed il tipo di approccio è inizialmente benevolo, per poi diventare sempre più persecutorio. Lo “ stalker ” si infiltra sistematicamente nella vita della preda, per crearle sconcerto e nervosismo.

Il predatore possiede un’accentuata freddezza emotiva e spesso ha un disturbo antisociale della condotta.

Opportuno, per superare il trauma che comporta la violazione del proprio spazio intimo, è il sostegno psicologico attraverso cui vincere il proprio senso di vergogna e di impotenza.

L’unico modo per tutelarsi e difendersi dallo stalker rimane comunque la denuncia. L’importanza della denuncia risiede anche nel suo significato di accoglimento e riconoscimento concreto del danno subito che concorre, insieme al sostegno psicologico, ad avviare il processo di riparazione e a rendere la vittima meno impotente ed indifesa.

Nonostante nel nostro codice penale non esista ancora un’ipotesi di reato specifica per questo fenomeno, come è invece per Usa, Canada, Australia e altri paesi europei, in quanto la proposta di legge che prevede l’introduzione del  reato “Atti persecutori” art. 612-bis è ancora al vaglio del Parlamento, in base agli elementi descritti dalla vittima si può comunque ascrivere la condotta a singoli reati: minacce, ingiurie, molestie, lesioni o violenza privata e così procedere alla richiesta di risarcimento del danno.

dr.ssa Anna Carderi