Di intrecci fatali e carneficine ieri ne era piena la letteratura oggi ne sono piene le pagine di cronaca nera.
Come se, l’Edipo, sposo di sua madre Giocasta e giustiziere involontario del padre Laio o l’Hercules furens di Seneca che, impazzito, uccide figli e moglie, l’Amleto e i suoi familiari, o i tredici ragazzini fautori del parricidio collettivo narrato da James Ballard, che una mattina di giugno del 1988 decidono, senza un motivo apparente, di eliminare trentadue genitori prima di sparire nel nulla, fossero usciti dalle penne dei loro autori per mettere in scena nel qui ed ora i loro truculenti intrighi e le loro efferate violenze.
Personaggi della fantasia incarnati da persone reali come Michael McLendon, un 27enne dell’Alabama, che Colto da un raptus di follia, ha imbracciato il fucile e ucciso 10 persone, compresi sua madre, i nonni, e una coppia di zii, prima di togliersi la vita; il ragazzo che scoperto dal padre per aver falsificato il libretto degli esami universitario lo uccide a bastonate o ancora, andando a ritroso nel tempo Omar ed Erika i responsabili del duplice omicidio di Novi Ligure o la tragedia di Cogne in cui un bambino innocente è stato assassinato dalla madre. Minimo comun denominatore di queste follie private è spesso un’immaturità emotiva che ha reso tutti inconsapevolmente persecutori e vittime. In queste persone, è come se, le angosce e le paure siano rimaste imbrigliate in una posizione schizo-paranoide, dove la separazione non viene tollerata e la necessità di dominare prevale sul bisogno di curare l’intimità. L’altro viene vissuto come oggetto minaccioso e persecutorio, ed il bisogno di controllo può portare all’utilizzo di una violenza sadica che, finché non evolve in tragedia, è funzionale a preservare la relazione.
Nel rapporto genitoriale, amicale o di coppia che sia, queste persone vi hanno riversato le personali incompletezze infantili, trasformandolo in un “campo di battaglia” con inutili e disastrose lotte di potere che a lungo andare hanno creato, come per affrontare un pericolo, uno stato d’allarme che ha comportato un blocco emotivo – ritiro e ripiegamento – o una reazione contro l’altro – combattimento – .
Il rammarico si è trasformato in giudizio e il dolore si è trasformato in allontanamento e autoesclusione.
La ferita affettiva che ne è derivata può aver ingigantito il problema e creato fantasmi persecutori. Ciò può aver facilitato nella persona lo scivolamento verso uno squilibrio emotivo e allora una parola o un gesto possono essersi trasformati in un’aggressività che protratta nel tempo è andata incontro a un’escalation in cui spesso il massacro ne è l’acme finale.
Rabbia, insoddisfazione e odio sono solo alcune reazioni ai nostri bisogni frustrati e rappresentano solo la punta estrema di un profondo disagio e di una immensa scontentezza. Quando la persona non riesce più a contenere queste emozioni esse esplodono in atti che, seppur nella loro patologica drammaticità, gli consentono di ristabilire il controllo.
dr. Anna Carderi