Le fasi generali del trauma

le fasi del trauma psicologo romaDifronte ad un evento grave le persone coinvolte possono manifestare reazioni emotive in modi e tempi diversi. Queste differenze dipendono da molteplici fattori come il livello di gravità dell’evento traumatico, il grado di esposizione individuale, la personalità e le capacità che ognuno ha di affrontare e di superare momenti difficili.A dispetto di queste differenze individuali, tutti i soggetti sottoposti ad un evento passano attraverso specifiche fasi del trauma quasi come fossero le tappe di un percorso comune obbligato.                             Conoscere queste fasi, che vanno dall’impatto emotivo, alla fase di shock fino ad imparare a convivere con l’evento, diventa essenziale per svolgere un’attenta attività di prevenzione che possa essere svolta da personale non specializzato, come i comandanti diretti, ma che ha un potenziale di osservazione maggiore di chiunque altro.             Secondo il modello del Trauma Center di Boston (Solomon, 2002; Fernandez, 2002) le fasi generali del trauma sono fondamentalmente 6.                                                                                                                                           Inizialmente, la situazione di emergenza stimola una reazione di allarme sia a livello fisico (il corpo si prepara per una azione di attacco/fuga), sia mentale (aumento della capacità di elaborare informazioni).

Se l’evento è per gravità, durata e livello di intensità, tale da non poter essere gestito con queste usuali risposte di fronteggiamento la persona viene pervasa da un senso di stordimento e confusione … è la fase dello shock. 

Tipiche di questa fase di disorganizzazione mentale sono le reazioni fisiologiche da stress come: brividi, sensazione di avere la testa vuota, pianto, nausea e pulsazioni accelerate.            

A livello emotivo si può vivere una condizione di negazione, ottundimento (incredulità o difficoltà a ricordare i dettagli dell’evento) e dissociazione (“è successo come se io non fossi presente… come se stessi guardando un film…”). Comuni possono essere anche uno stato di iperattività generale con vissuti emotivi di rabbia, paura, tristezza, sensazioni di isolamento da quello che accade intorno e possibile esaltazione per essere sopravvissuto.

Queste reazioni fisiologiche ed emotive di solito durano al massimo un paio di giorni e diminuiscono progressivamente lasciando lo spazio alla fase dell’impatto emotivo, che può durare anche qualche settimana.

L’impatto emotivo colpisce persone diverse in tempi diversi.

Alcuni autori hanno osservato che dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 alle torri gemelle di New York l’impatto emotivo si è manifestato in modo significativo sui testimoni oculari entro i primi due giorni; mentre gli operatori dell’emergenza, concentrati nei loro compiti, sono stati colpiti dopo alcune settimane, o dopo alcuni mesi, dal ritorno alle normali occupazioni.

Le reazioni tipiche riguardano:

  • esaltato senso del pericolo/ipervigilanza;
  • incubi;
  • pensieri e immagini intrusive;
  • sintomi dissociativi;
  • disagio quando viene ricordato l’incidente;
  • evitamento di pensieri, di sensazioni e di ogni cosa che ricordi l’incidente;
  • sintomi di iperattivazione (come difficoltà ad addormentarsi, irrequietezza, irritabilità, scarsa capacità di concentrazione);
  • estrema stanchezza ed esaurimento fisico ed emozionale.

Tipico di questo stadio è l’emergere del senso di colpa per essere sopravvissuto.
Mano mano che la persona comincia a prendere la distanza emotiva dall’evento critico inizia ad elaborare a livello emotivo quanto è successo e a riflettere su come uscire dalla situazione.

E’ la fase del coping, a cui segue quella dell’accettazione.

La persona assume piena consapevolezza di quanto è accaduto, riesamina i suoi valori, accetta di essere vulnerabile e comincia a pensare che l’esperienza drammatica che ha vissuto è servita anche a farlo crescere e maturare. Questa presa di consapevolezza raggiunge il suo acme con l’accettare l’accaduto e con il conviverci.

La sofferenza così si trasforma in un’occasione di cambiamento e di miglioramento di se stessi e della propria esistenza. In definitiva, tramite il vissuto consapevole del dolore si diventa sostanzialmente più forti di fronte agli eventi imprevedibili della vita.

Adesso la persona può rivalutare la propria sofferenza, modificare l’idea che si ha di essa, integrarla nella propria storia individuale, oltre che viverla come un valore aggiunto per la propria persona, che rende sensibili, a sua volta, alle sofferenze altrui, alle quali si sarà portarti a porre rimedio. 

Dr.ssa Anna Carderi