Prurito, bruciore, irritazione, gonfiore, cistiti frequenti, scarsa lubrificazione, sanguinamento e dolore durante i rapporti sessuali sono tutti sintomi distintivi dell’atrofia vulvo-vaginale.
Una patologia dovuta al deficit di estrogeni quindi spesso associata all’avanzare dell’età, alla menopausa ma che può manifestarsi anche nel puerperio, durante l’allattamento al seno o essere l’effetto collaterale della terapia antitumorale o dei farmaci per la cura dell’endometriosi o instaurarsi a causa di alterazioni del ph, del frequente uso di antibiotici o per fattori costituzionali ed immunologici o per la presenza di lichen.
Per effetto di questa carenza di estrogeni la vascolarizzazione della cute vulvo-vaginale diventa sottile e anelastica e quindi molto più vulnerabile a infezioni, traumi e a ogni minimo stimolo irritativo, meccanico o chimico che sia.
La scarsa lubrificazione che ne consegue provoca dolore durante i rapporti andando a minare la funzione sessuale sul piano del desiderio, dell’eccitazione, della capacità orgasmica e della soddisfazione.
Non solo! Può devastare il senso di femminilità e di erotismo della donna e compromettere lo stesso rapporto di coppia.
I disturbi associati, portano, infatti, la donna ad evitare i rapporti sessuali incidendo pesantemente sulla vita di coppia rompendo un equilibrio sessuale costruito e consolidato negli anni.
L’avversione ai rapporti a causa del dolore unita alla sensazione di rifiuto esperita dal partner possono evolvere in una vera e propria crisi di coppia e portare alla separazione.
Il partner infatti inconsapevole della reale serietà del problema, dopo l’ennesimo rifiuto, può vivere le ritrosie della compagna come scarso interesse e può arrivare a pensare che ella “esageri” la sua condizione al fine di evitare il rapporto sessuale non per un impedimento fisico come la dispareunia o il vaginismo e le frequenti cistiti o irritazioni associate all’atrofia vulvovaginale ma semplicemente perché non voglia avere rapporti sessuali con lui.
Se siete in questa condizione la cosa migliore da fare è parlarne al ginecologo!
I sintomi non solo non sono momentanei ma se non curati tendono a cronicizzarsi.
Oggi esistono sia strumenti obiettivi che consentono di definire la presenza e il livello di severità del problema, come il Vaginal Healt Index, sia trattamenti ormonali e non efficaci e risolutivi.
Esempi ne sono la terapia estrogenica per via sistemica (compresse, cerotti) e topica (creme, ovuli, gel vaginali) in grado di ripristinare il normale ph vaginale, ispessire e rivascolarizzare l’epitelio e aumentare la lubrificazione vaginale. Ma per chi preferisce una cura non ormonale esistono in commercio anche lubrificanti a base di d-mannosio e i trattamenti di tipo non ormonale come l’acido ialuronico e il laser vaginale.
Tutto ciò insieme ad un’igiene adeguata e non aggressiva e l’applicazione di gel locali a base di estrogeni naturali fin dai primi sintomi possono tenere alla larga l’atrofia vulvo-vaginale e garantire una vita di relazione serena a qualunque età.
Inoltre, si può intervenire sulla dispareunia e sul vaginismo anche con tecniche di rilassamento, tecniche mansionali proprie della terapia sessuologica (Esercizi di Kegel, esplorazione dei genitali, ecc) e tecniche ipnotiche.
In tutti i casi in cui l’atrofia vulvo-vaginale ha avuto ripercussioni sul rapporto di coppia l’intervento sessuologico consente ad entrambi i membri della coppia di riappropriarsi della propria intimità sia affettiva sia sessuale ad iniziare dal condividere quelle paure e insicurezze al fine di ripristinare l’equilibrio.
dr.ssa Anna Carderi