Avete mai sentito parlare di modificazioni sessuali estreme?
Per quanto abbiate un’immaginazione fervida è difficile capire di cosa si tratta se ancora non vi siete imbattuti in questo alquanto variegato fenomeno delle modificazioni sessuali estreme.
Un ambito in cui il tatuaggio genitale o il pearling sono cose da principianti.
Per modificazioni sessuali estreme intendo interventi di rimodellamento dei genitali che possono assumere le forme di vere e proprie mutilazioni volontarie come la sub incisione o bisezione del pene (meatotomia)o del clitoride o persino alla sua asportazione (nullificazione), la rimozione dei capezzoli, la labioplastica e l’imenoplastica.
Vediamole nel dettaglio …
La sub incisione consiste in un’incisione profonda della parte inferiore del pene che apre, parzialmente o del tutto, il canale uretrale. Un’incisione che spesso vede il suo prolungarsi a più riprese nel tempo fino a collegare il glande alla radice dello scroto.
Nella meatomia invece è la parte inferiore del glande del pene viene suddivisa in due parti.
Nelle donne la modificazione dei genitali converge verso la labioplastica o l’imenoplastica.
La prima comporta il rimodellamento delle piccole e grandi labbra derivata dalla rimozione di una porzione della pelle delle stesse.
L’imenoplastica consiste nella ricostruzione della membrana all’ingresso della vagina, appunto dell’imene, che si lacera di consuetudine durante il primo rapporto sessuale. Chi si sottopone all’intervento lo fa per recuperare, a livello anatomico, la verginità.
Qual è il movente che spinge queste persone a sottoporsi a pratiche così dolorose tanto da correre il rischio di compromettere anche in modo irreversibile la propria funzione sessuale?
La persona sente un bisogno pressante di intervenire “chirurgicamente” sulla parte non solo per il sollievo che l’atto del tagliare e il dolore che ne deriva genera ma anche per esprimere se stesso “abbellendo” e rendendo unico il proprio corpo.
Una vera e propria costruzione di sé tanto che l’incisione o la mutilazione non è dettata da un impulso ma è una procedura pianificata e attuata nel tempo. Per rimodellare i propri genitali in modo da farli combaciare alle proprie aspettative e ai proprio desideri apportando le dovute modifiche la persona tende al “fai da te” avvalendosi di strumenti casalinghi come forbici o coltelli ben affilati e quindi è spesso costretta per evitare eccessivi sanguinamenti e future infezioni ad intervenire a più riprese.
Un “fai da te” che consente alla persona di avere un rapporto intimo con il proprio corpo tanto più che spesso, pur essendo tali procedure molto dolorose, non si usa anestetico locale.
Dietro questi atti tanto ossessivi quanto estremi di modificare il proprio corpo spesso si nasconde un controllo compulsivo dell’aspetto fisico unito ad una distorta percezione corporea, fino ad arrivare ad una vera e propria disapprovazione del proprio corpo (dismorfofobia).
Inoltre, la motivazione che spinge alla modificazione sessuale estrema come per le automutilazioni può derivare da una struttura interna di tipo delirante se non psicotica.
dr.ssa Anna Carderi