Esiste un desiderio di reciprocità che alimenta pensieri intrusivi e gesti inconsueti che ci porta a pensare, dire e fare cose che esulano dal nostro quotidiano modo di rapportarci al mondo e ribalta i nostri piani …
Uno stato emotivo e cognitivo nel quale la persona sente un forte desiderio di attaccamento al limite dell’ossessione, verso un’altra persona che può rivelarsi fonte di gioia intensa o disperazione estrema, a seconda che ci sia o meno reciprocità e corrispondenza amorosa.
Parliamo di quello stato tipico dell’innamoramento e denominato dalla Tennov limerenza.
Un desiderio accentratore e totalitario che la nutre, la fa sentire viva come non mai ma che al tempo stesso gli toglie il respiro e la atterrisce al sol pensiero di non essere corrisposta o di poterla perdere.
Uno stato dove l’altro, oggetto del nostro interesse, viene fortemente idealizzato come il partner perfetto e investito della necessità di essere contraccambiati e riconosciuti.
Quando il disperato bisogno di reciprocità diventa la conditio sine qua non che alimenta il desiderio e orienta il comportamento la persona tende a fare di tutto pur di superare l’ostacolo alla reciprocità e quando la corrispondenza manca, il rifiuto che ne deriva può far emergere vissuti frustranti di tipo fallimentare tali da innescare meccanismi di riconquista di tipo aggressivo e la limerenza può assumere le connotazioni dello stalking e della violenza di genere.
Dalla limerenza alla violenza di genere il passo è breve.
Normalmente l’essere respinti dalla persona amata o la fine di un rapporto affettivo provoca angoscia.
Ma quando la rottura affettiva si verifica a danno di un soggetto con predisposizioni problematiche, il sentimento di rabbia risulterebbe insostituibile provocando reazioni di difesa di tipo scissionale, aggressivo, rabbioso e invidioso,(Galeazzi 2001) che possono degenerare in comportamenti persecutori o violenti (Purcell et al., 2001).
Cosa scatta in queste persone quando vedono a rischio il rapporto con il partner?
Gli adulti, come i bambini, hanno la tendenza a cercare e a mantenere la vicinanza e il contatto con le figure di attaccamento specifiche, per promuovere la sicurezza fisica e psicologica.
Quando questi bisogni di attaccamento sono minacciati, gli individui cercano di riconquistare il livello di intimità e di prossimità desiderato.
Così, nelle persone con uno stile di attaccamento insicuro, una minaccia, reale o immaginata, di abbandono da parte dell’amato agirebbe da catalizzatore per un’iperattivazione del sistema d’attaccamento (Mikulincer & Shaver, 2011), tale da scatenare un’azione violenta (Doumas et al., 2008).
L’iperattivazione dello stile di attaccamento porta la persona ad estremizzare i proprio comportamenti di attaccamento per cui aumentano le strategie di inseguimento come le richieste di attenzione e rassicurazione, l’abuso verbale e le espressioni di gelosia.
Quando questo tentativo di ristabilire la vicinanza e la reciprocità dell’altro fallisce la persona, spinta dalla paura di perdere l’altro può dar sfogo alla rabbia e reagire con violenza (Bowlby 1979).
Bowlby (1980) parla di “rabbia nata dalla paura”, e la descrive come una reazione istintiva alla separazione, legata alla sopravvivenza della persona, che subentrerebbe nei casi in cui vi è una reale risposta negativa dell’altro, oppure l’aspettativa di una risposta negativa.
Secondo l’autore esiste una rabbia funzionale ed una disfunzionale.
La rabbia funzionale entra in gioco quando la stabilità e la sopravvivenza di un legame affettivo sono minacciate: in questo senso agisce per proteggere il legame stesso.
Questa tipologia di rabbia contribuisce a superare gli eventuali ostacoli al ricongiungimento con la figura di attaccamento.
Quando la sensazione di perdita o i segnali di rifiuto del partner sono sentiti come continui o come troppo pericolosi, subentra, invece, la rabbia della disperazione, una rabbia priva di funzionalità e diretta contro la persona che si sente ormai perduta.
La rabbia disfunzionale è dunque una rabbia “cieca”, venata di forte odio, che si scatena quando la perdita è percepita come ineluttabile.
Un comportamento disperato quanto distruttivo, che non tiene in alcun conto della sofferenza causata all’altro.
Paradossalmente, le persone che vivono un amore patologico, arrivano ad appellarsi a comportamenti aggressivi, eccessivi, vendicativi, distruttivi ed estremi per riportare l’attenzione della persona amata su di sé e ristabilire un senso di sicurezza emotiva (Simpson & Rholes, 1994).
Si crea così una sorta di circolo vizioso, nel quale il partner problematico ogni qualvolta avvertirà una minaccia o una sensazione di pericolo per la sopravvivenza della relazione, estremizzerà i propri disfunzionali comportamenti di attaccamento con richieste sempre più insistenti di vicinanza, che verranno paventatamente disattese si trasformeranno in eccessi di rabbia.
dr. Anna Carderi