Può agire come trauma qualsiasi esperienza provochi gli effetti penosi del terrore, dell’angoscia, della vergogna, del dolore psichico e dipende ovviamente dalla sensibilità della persona colpita (…) se l’esperienza stessa agisce come trauma (Joseff Breuer e Sigmund Freud, 1895).
La violenza sulle donne può essere definita come un abuso di potere e di controllo, che si manifesta attraverso il sopruso fisico, sessuale, psicologico ed economico.
Le conseguenze sanitarie della violenza contro la donna sono state individuate dall’O.M.S. in danni fisici (comprese le lacerazioni, le fratture e i danni agli organi interni), disabilità temporanee e permanenti, problemi ginecologici (infiammazione delle ovaie e dell’utero, infezioni vaginali, dolore mestruale, dolore pelvico, irregolarità del ciclo mestruale), problemi gastrointestinali e sindrome del colon irritabile, problemi cardiovascolari, asma, gravidanze indesiderate, aborti procurati, infezioni sessualmente trasmesse, disfunzioni dell’apparato genito-sessuale, infertilità, dolore pelvico e sindrome da infiammazione pelvica, infezione dell’apparato urinario, danni all’apparato genitale, sindrome del trauma da stupro, disordine da stress post-traumatico, depressione, fobie legate alla reazione dell’ambiente sociale, ansia, abuso di sostanze psicotrope, comportamenti auto-lesivi.
L’abuso sessuale costituisce un evento traumatico e stressante che scatena una situazione di crisi, definibile come un momento di rottura dell’equilibrio tra l’ambiente e le capacità di adattamento dell’Io.
La reazione all’abuso varia da individuo ad individuo e dipende da diversi fattori, alcuni interni (abilità cognitive, problem solving, self efficacy, locus of control,
coping) ed altri esterni (durata, frequenza, rete di sostegno).
La Sindrome di Trauma da Stupro è una comune reazione allo stupro o assalto sessuale.
Ci sono tre fasi nella sindrome di trauma da stupro.
La prima fase, quella acuta, avviene immediatamente dopo l’assalto o subito dopo aver ricordato l’evento e dura da pochi giorni a molte settimane.
In questa fase la sopravvissuta può reagire all’evento esprimendo le emozioni apertamente sotto forma di agitazione, isteria, ansia o panico, o in modo controllato reagendo come se nulla fosse, come se non fosse accaduto nulla di grave e vada tutto bene.
Questa apparente calma in realtà maschera lo shock subito.
La sopravvissuta può infine reagire in modo disorientato (sconcerto shockato) e i ricordi dell’assalto possono essere confusi o completamente assenti, mostrando difficoltà a concentrarsi, prendere decisioni o condurre le normali attività giornaliere.
Alla fase acuta subentra quella di aggiustamento, una fase dove la sopravvissuta riprende le normali attività giornaliere e sembra andare avanti con una vita dall’apparenza normale che maschera la sofferente realtà interiore con modalità che vanno dal “minimizzare” l’evento dietro un “… non è successo niente” o “… poteva essere peggio” , al drammatizzare l’assalto rendendolo argomento regio della sua quotidianità e sua identità di cui parlare in continuazione o al contrario sopprimendolo come se non fosse mai accaduto o analizzando l’accaduto nei minimi particolari fino ad ispezionare cosa ella abbia fatto e a cosa lo stupratore possa aver pensato o provato o, ancora, nel tentativo di fuggire dal dolore provocato dal traumatico evento cambiare casa, lavoro, look, relazioni familiari o amicali e così via (flight).
Durante questa fase di aggiustamento esteriore la persona è costantemente in balia dell’ansia e di forti sbalzi di umore; comune è il senso di disperazione, la paura persistente, la depressione, la rabbia.
Frequentemente la persona accusa disturbi del sonno (incubi, insonnia), sessuali e alimentari (nausea, vomito, mangiare impulsivo, anoressia, bulimia, ecc.) e del comportamento.
Dopo l’assalto molte sono le vittime di violenza sessuale che soffrono di disturbi alimentari.
Spesso la sopravissuta usa la restrizione del cibo per ristabilire di nuovo quel senso di potere sul proprio corpo che l’assalto subito ha minato o, attraverso le abbuffate, lenire il dolore o calmare intense emozioni come rabbia, paura o ansia.
Per calmare le intense sensazioni di paura, ansia o dolore oppure per esprimere, far uscire il proprio dolore o per chiedere aiuto o per punirsi di qualcosa di cui si sentono responsabili (compreso la violenza sessuale) o per reclamare il controllo sul proprio corpo o per sentirsi vive, le superstiti possono ricorrere all’autolesionismo.
Inoltre, il forte senso di disperazione sperimentato durante e dopo un assalto sessuale licita un senso di perdita luttuosa di una parte di sé, come se qualcosa fosse irrimediabilmente rotto, morto.
Si verifica così un arresto dell’immaginazione, della creatività, del desiderare che provoca una sensazione di tristezza e disperazione alimentata dai continui flashback.
Apparentemente la persona sembra depressa, ma si tratta di qualcosa di molto diverso dalla depressione…. in questi casi parliamo di disturbo da stress post traumatico.
Il trauma da abuso sessuale è strettamente legato al DSPT tanto da manifestarsi nel 50-70% nelle vittime di stupri.
L’abuso sessuale infatti espone la persona a eventi stressanti di gravità oggettiva estrema, con minaccia per la vita e la propria integrità fisica.
È presente intenso malessere psicologico a stimoli che ricordano o simbolizzano il trauma, con possibili flashback, illusioni e stati dissociativi.
È presente reattività psicofisiologica a stimoli correlati così che i più piccoli eventi insignificanti possono evocare il trauma che ritorna con la forza emotiva dell’evento originario. Ad esempio, la vista di un treno in una donna che ha subito uno stupro in una stazione ferroviaria provoca esattamente le stesse reazioni stimolo-specifiche originarie.
I flashback associati al trauma subito redivivono l’orrore dell’evento e possono portare la persona ad una “paralisi psichica” o “anestesia emozionale” con marcata riduzione dell’interesse o della partecipazione ad attività precedentemente piacevoli, o della riduzione della capacità di provare emozioni o interesse o amore nei confronti delle persone. La persona può provare incapacità a fare progetti, un senso di diminuzione delle prospettive future (non aspettarsi di sposarsi, avere figli, una carriera, una normale durata di vita).
La diversità dei possibili quadri clinici post-traumatici in risposta ad uno stesso tipo di evento può essere compresa tenendo conto sia delle caratteristiche specifiche del trauma sia soprattutto delle caratteristiche del soggetto su cui l’evento ha impatto.
Fattori importanti nel trattamento sono il tipo di trauma, l’identità dell’aggressore, le conseguenze fisiche che esso comporta, le modalità con cui esse possono essere elaborate, il possibile riattivarsi di traumi latenti nella storia personale, il supporto familiare e sociale, il passaggio da “vittima a sopravvissuto“ ma soprattutto la fase di sviluppo o del ciclo di vita in cui il soggetto è stato colpito dal trauma (Marchiori E, De Ronchi D; 1999).
La risposta e l’impatto di uno stupro può avere conseguenze profondamente diverse in una adolescente senza esperienza sessuale rispetto ad una donna adulta.
Tutti questi sintomi e comportamenti possono spingere la sopravissuta a cercare aiuto.
Così come nel DSPT la terapia deve essere personalizzata.
L’obiettivo è quello di arrestare qualunque peggioramento futuro attraverso una lenta
presa di consapevolezza e gestione delle emozioni profonde legate al trauma e alla ridefinizione delle colpe e delle responsabilità al fine di raggiungere un nuovo assetto relazionale e riparativo e guidare la persona verso la fase della risoluzione (III fase della sindrome da trauma). Cioè ad uno stato dove l’assalto non è più la parte fondamentale della vita e identità della sopravissuta. L’individuo si rende conto che non potrà mai dimenticare l’assalto o metterlo da parte, ma questo non provoca più un senso di disperazione.
Al fine di ristabilire l’integrità della vittima come persona vanno sostenute le aree funzionali dell’Io.
L’intervento deve favorire una corretta elaborazione dei ricordi legati all’abuso, lavorando sulle emozioni della vittima per evitare che identifichi la violenza subita con l’atto sessuale, provocando un conseguente blocco della vita affettiva e sessuale.
Dr.ssa Anna Carderi