Lo stress può essere definito come il processo attraverso il quale qualsiasi evento emotivo e fisiologico altamente impegnativo, incontrollabile e travolgente porta a processi adattativi o disadattivi necessari all’omeostasi e/o alla stabilità (McEwen BS., 2007; Sinha R., 2008).
Lo stress, per la sua componente emotiva e fisiologica, può avere sull’individuo un impatto tale da sviluppare delle reazioni emotive e sintomatiche riassumibili nella perdita di contatto con la realtà quotidiana e del rapporto con gli altri, nel disequilibrio, nella depressione, nella paura o nel panico (Carderi A. 2011).
Esempi di stress emotivi riguardano conflitti interpersonali, perdita di una relazione significativa, continui riadattamenti e cambiamenti a livello lavorativo e nella vita quotidiana o la tragicità di eventi come la morte, la malattia o la violenza.
Alcuni comuni fattori di stress fisiologico includono fame o privazione di cibo, insonnia o privazione del sonno, malattie gravi, ipertermia estrema o ipotermia, effetti psicoattivi dei farmaci e stati di sospensione dei farmaci.
La percezione e la valutazione dello stress si basa su aspetti specifici degli stimoli esterni o interni che presentano e possono essere moderati o mediati da tratti della personalità, stato emotivo e risposte fisiologiche che insieme contribuiscono all’esperienza di sofferenza.
La modalità strettamente individuale della persona di reagire a queste situazioni di sofferenza e privazione e di superare efficacemente gli eventi stressanti dipende da due elementi fondamentali, la resilienza e l’elaborazione dei conflitti (Carderi A., 2011). Entrambe consentono, favorendo il ritorno ad una stabilità psiconeurofisiologica, di continuare il proprio percorso di vita (Carderi A, 2009).
Con il concetto di resilienza si fa riferimento sia alla capacità degli individui di far fronte allo stress, sia al risultato di un buon adattamento (Emiliani, 1995).
L’adattamento legato allo stress implica il concetto di allostasi, cioè, la capacità di raggiungere la stabilità fisiologica attraverso il cambiamento dell’ambiente interno e di mantenere una stabilità apparente in un nuovo set point fisiologico (McEwen BS., 2007; Seeman TE et al., 1997).
Secondo McEwen, gli individui rispondono e si adattano alle esigenze ambientali grazie ai continui adeguamenti neurofisiologici dell’ambiente interno (Seeman TE et al., 1997).
Alti livelli di stress incontrollabile e condizioni di stress reiterato nel tempo e cronicizzato promuovono un aumento del carico allostatico (stress eccessivo per l’organismo) che si traduce in stati neurali, metabolici e bio-comportamentali disregolati che contribuiscono alla messa in atto di comportamenti disadattivi (McEwen, 2007) con conseguenti alterazioni biologiche che indeboliscono i processi di adattamento allo stress e aumentano la suscettibilità alle malattie (Seeman TE et al., 1997).
Inoltre stressor elevati e ripetuti nel tempo riducono il controllo emotivo, viscerale e comportamentale, aumentano l’impulsività (Sinha R. 2008) che, a sua volta, è associata a un maggiore coinvolgimento in alcol, fumo e altri abusi di droghe, nonché aumento dell’assunzione di condotte alimentari disfunzionali (Willner P, 1998; Epel E, 2001; Roberts C., 2008).
Comprendere le associazioni e le interazioni tra stress e adattamenti neurobiologici è importante nello sviluppo di efficaci strategie di prevenzione e trattamento dei disturbi stress correlati.
Risulta quindi fondamentale promuovere e rafforzare le capacità dell’individuo di resistenza e adattamento allo stress prolungato.
Il rafforzamento della resilienza attraverso il miglioramento dell’Intelligenza Emotiva costituisce un fattore protettivo fondamentale prevenendo il rischio, inteso come probabilità di attesa di cattivo adattamento (Garmezy, 1993), di attivare nella persona risposte disfunzionali anziché funzionali alla gestione dello stress.
dr.ssa Anna Carderi