E. Bosso
La malattia di Parkinson (PD) è una delle malattie neurodegenerative eterogenee più comuni negli anziani, colpisce l’1% dei pazienti sopra i 60 anni e lo 0,3% della popolazione generale (Nasimbera et al. 2018).
Una sindrome clinica, quella di Parkinson, diagnosticata e più comunemente nota per i segni motori caratterizzati da bradicinesia, rigidità della ruota dentata, tremore a riposo e instabilità posturale (Armstrong and Okun 2020). Tanto che fino a poco tempo fa il trattamento del paziente con malattia di Parkinson si è concentrato maggiormente sulla stessa malattia e sulla gestione dei sintomi motori Parkinson’s related tralasciando o sottovalutando i sintomi non motori di cui fanno parte i disturbi sessuali, nonché gli aspetti di promozione della salute e del benessere sessuale in senso lato.
Negli ultimi anni, la constatazione che i sintomi non motori (SNM) possano manifestarsi molto prima che si manifestino i primi sintomi motori e che di solito persistano per tutto il corso della malattia (Chaudhuri et al. 2006a; Schrag et al. 2015) ha portato al riconoscimento dell’impatto dei sintomi non motori sulla persona e sulla qualità della sua vita.
Tra i sintomi non motori, le disfunzioni sessuali e i disturbi del comportamento sessuale sono comuni e influenzano negativamente la qualità della vita dei pazienti e dei loro partner (Margolesky et al. 2020; Shalash et al. 2020; Nasimbera et al. 2018; Bronner and Korczyn, 2018).
I pazienti con PD classificano la Disfunzione Sessuale come il 12 ° dei 24 sintomi più fastidiosi della loro malattia. Gli studi segnalano due tendenze principali del cambiamento sessuale nei pazienti con malattia di Parkinson quali la diminuzione e all’aumento della sessualità; quest’ultima spesso associata, in particolare al trattamento con i farmaci dopamino-agonisti (Bronner and Korczyn, 2018).
Dobbiamo ricordare che la sessualità umana è un evento psicosomatico unitario. Essa presuppone, secondo i criteri di normalità, l’integrità dei circuiti psico-affettivi-relazionali e dei circuiti somatici biofisiologici e la loro reciproca interazione. La malattia di Parkinson inevitabilmente interferisce negativamente con questo sistema integrato introducendo nel singolo e nella coppia un’interruzione dell’intimità sessuale, data da una serie di difficoltà, nella ipotesi migliore, meno immediate, strettamente correlate all’insorgere di sintomi motori e non motori.
Tali considerazioni lasciano intravedere come la disfunzione sessuale sia un problema molto diffuso e devastante nei pazienti affetti da malattia di Parkinson che influisce negativamente sulla loro qualità di vita (Raciti L et al. 2020). Nonostante ciò, sono ancora poche le ricerche che si sono focalizzate sull’impatto dell’insorgenza della malattia di Parkinson e dell’uso di farmaci sulla sessualità nei pazienti, sul partner, sulla coppia e sulla loro qualità di vita.
Troppo spesso emerge dai colloqui con gli stessi pazienti la necessità di colmare un gap procurato dall’omissione da parte degli addetti ai lavori ai loro pazienti di informazioni inerenti possibili cambiamenti e ripercussioni della malattia di Parkinson e del suo trattamento sulla loro sessualità (van Hees et al. 2017). Poiché la malattia di Parkinson con i limiti e i vissuti che comporta si riflette sullo stato psichico e sull’assetto individuale e relazionale della persona, la mancanza di informazioni inerenti i cambiamenti sessuali con cui il paziente molto probabilmente si scontrerà può avere forti ripercussioni sulla vita della persona influendo negativamente sulla sfera relazionale e sociale finanche a provocare depressione, ansia e perdita dell’autostima e dell’identità personale (Clayton et al. 2014).
L’avvento della malattia di Parkinson costituisce un momento in cui la persona e la coppia stessa si trova a dover affrontare una serie di profondi cambiamenti sia fisiologici sia relazionali che coincidono con le modificazioni fisiche apportate dal Parkinson.
La malattia di Parkinson per alcuni può diventare una realtà da occultare perché sinonimo di brutto, vecchio, malato. Come se il corpo improvvisamente perdesse di valore al cospetto della malattia. Il vedersi ogni giorno allo specchio con qualcosa in meno e qualcosa in più, certifica l’aver varcato una soglia dalla quale è impossibile tornare indietro.
Tali sintomi sono il segno tangibile di una perdita che stimola l’immaginazione e genera fantasmi modificando così il proprio rapporto col mondo, con il proprio corpo e con la propria identità. Essi rappresentano un elemento di “disturbo” nella vita quotidiana e nell’immagine di sé, perché legati simbolicamente all’età che avanza e a una minore autosufficienza.
Come se i sintomi ci definissero e diventassero la nostra identità “patologizzata”, influenzando così il nostro comportamento e stato d’animo, cambiando il modo di porsi e rapportarsi alle cose e con se stessi, facendoci sentire più insicuri e timidi. .
Tutti questi fattori, possono minare l’identità virile dell’uomo e femminile della donna, che quindi vedono ridotta la propria capacità sessuale, la performance, ma soprattutto l’integrità della propria personalità, sotto tutti gli aspetti. Ciò licita, alimenta ed esacerba una crisi che incide sulla propria identità sessuale.
Ne consegue una serie di disturbi legati a compensazione narcisistica, ritiro della libido sull‘Io (desessualizzazione) o ipersessualizzazione, disfunzioni sessuali, disturbi ossessivo compulsivi, depressione e proiezione somatica del vissuto depressivo.
Per quanto concerne le disfunzioni sessuali, nelle donne, la secchezza vaginale e i più notevoli cambiamenti comportamentali e del corpo possono influenzare negativamente l’autostima, la fiducia nelle proprie capacità seduttive e di conseguenza la risposta sessuale.
Negli uomini, invece, la risposta sessuale subisce una serie di modificazioni per cui l’eccitazione avviene in un lasso di tempo maggiore e perché essa si realizzi è necessaria una stimolazione più intensa, la risposta erettiva può scemare, la sensazione di urgenza eiaculatoria è ridotta e il rapporto può aver luogo senza eiaculazione.
Vissuti questi che come uno Tzunami si abbattano inevitabilmente sul partner e sulla loro relazione. La coppia “parkinsoniana” è una coppia che spesso ha perso la propria intesa e il proprio equilibrio andando in crisi.
Nella presa in carico del paziente gli addetti ai lavori devo considerare questo corollario di stressor al fine di facilitare nella persona sia il superamento dello scoglio emotivo della malattia e quindi della disfunzione sessuale sia l’aderenza al trattamento.
Ecco che la possibilità di usufruire di uno spazio “psicosessuologico” nel quale poter esprimere le proprie difficoltà relazionali e le preoccupazioni circa le proprie prestazioni sessuali consente alla persona e al partner di superare quelle dinamiche disfunzionali presenti nella coppia parkinsoniana che spesso si associano, sostengono o mantengono anche lo stesso disturbo sessuale.
Ciò al fine di elicitare quello switching sessuale cognitivo del self che impone la ricerca della giusta distanza dalle cose e dalla vita, attraverso la revisione di certi valori soggettivi e di nuovi comportamenti che permettono alla persona di rimettersi in gioco, rafforzare e migliorare l’idea che ha di sé stesso a prescindere dalla disabilità sintomatologica.
dr.ssa Anna Carderi