Le persone con malattia di Parkinson presentano comportamenti sessuali problematici che sono spesso fraintesi o ignorati. I problemi sessuali nel morbo di Parkinson fanno parte di una sindrome non motoria e svolgono un ruolo di primo piano nella vita delle persone affette e dei loro partner.
Sulla base della loro considerevole esperienza clinica Bronner e Korczyn (2018), descrivono quattro tipi comuni di comportamenti di preoccupazione sessuale nelle persone con PD:
- comportamento sessuale con disfunzione sessuale sottostante;
- discrepanza del desiderio sessuale con il partner dopo il ripristino del desiderio;
- ipersessualità e sessualità compulsiva;
- comportamento sessuale con sindrome genitale irrequieta sottostante.
La malattia di Parkinson influenza negativamente la sessualità dei pazienti, indipendentemente dall’età, dalla durata della malattia o dalla gravità della malattia e gli uomini mostrano una disfunzione sessuale maggiore e un deterioramento della loro relazione sessuale rispetto alle donne (Buhmann et al. 2017). Difformemente alle donne, gli uomini che hanno PD e i loro partner hanno maggiori problemi coniugali e sessuali e i pazienti con PD ad esordio giovanile hanno punteggi peggiori nelle scale di soddisfazione coniugale rispetto ai pazienti più anziani. La disfunzione sessuale è un evento che fa precipitare un equilibrio già precario dei singoli componenti della coppia stessa.
Al di là dei probabili meccanismi di ciascuna malattia, convivere con una patologia cronica e con le sue conseguenze implica che una notevole quantità di tempo venga spesa nella riabilitazione o nei promemoria della malattia (come appuntamenti medici, studi complementari, ecc.), che possono avere un effetto negativo sulle relazioni personali e, ovviamente, sulla sessualità. Comporta anche l’acquisizione di nuovi ruoli come “assistente” e “assistito”. Ciò unitamente al frustrante modificarsi delle loro abitudini sessuali in conseguenza della loro condizione (Nasimbera et al. 2018; Verschuren et al. 2010; Wielinski et al. 2010) talvolta rende difficile il sentirsi ancora “partner sessuali”. Questo influisce mutualmente e si riflette negativamente sulle relazioni intime, sul comportamento sessuale e sul livello di soddisfazione sessuale (Carrillo-González et al. 2013) e relazionale. La frustrazione e la rabbia che ne deriva alimenta vissuti anedonici e di demoralizzazione che deteriorano la sessualità. Il peso e l’aumento della depressione nel partner che si prende cura possono avere un impatto psicologico tale da poter scatenare tutto un corollario emozionale che mina il suo benessere psicosessuale tanto da aumentare la probabilità di sviluppare disturbi del desiderio, dell’eccitazione e dell’orgasmo (Bronnerand Korczyn, 2018; Grun et al. 2016; Wielinski et al. 2010).
Il disagio coniugale è strettamente connesso ai problemi sessuali (Yeh et al. 2006). La disfunzione sessuale cambiando il rapporto con i propri genitali concorre a modificare la vita sessuale e relazionale della coppia rendendo difficile o distruttiva la comunicazione all’interno della coppia.
La disfunzione erettile, ad esempio, porta la persona ad evitare i contatti corporei e i rapporti sessuali al fine di salvaguardare la stima di sé o a limitare l’attività sessuale, defraudando la sessualità del suo valore comunicativo e relazionale.
Di contro la partner potrebbe sentirsi emarginata e “oggettivata” e affettivamente “trascurata” perché l’attenzione del suo compagno può essere rivolta più sulla prestazione che sull’intimità sessuale.
C’è una notevole dose di frustrazione connessa sia alla stessa ricerca di sollievo dalla compulsione sessuale, ai tentativi di acquistare e mantenere l’erezione piuttosto che di raggiungere l’orgasmo, alla gestione di un corpo sessualmente limitato malattia (atrofia muscolare, spasticità, stanchezza cronica) sia al fallimento che ne deriva (Nakum and Cavanna 2016).
Questo aumenta la distanza. Spesso si ha paura di essere abbandonata/o o tradita/o di non essere più sensuali o attraenti o di non soddisfare le aspettative sessuali del partner. Ciò porta all’evitamento di atti sessuali, al ritiro dalla relazione, all’aumento dei pensieri sul divorzio o l’aumento dell’insoddisfazione per la sessualità e la relazione. Altra sintomatologia che correla negativamente con la soddisfazione sessuale e la stabilità relazionale dei pazienti e dei partner è la depressione (Bronnerand Korczyn, 2018; Wielinski et al. 2010). Gli studi evidenziano come il peso e l’aumento della depressione nel partner che si prende cura possono spiegare il deterioramento sessuale riportato tra i coniugi e i partner (Bronnerand Korczyn, 2018; Grun et al. 2016; Wielinski et al. 2010).
La disabilità motoria è un predittore indipendente di difficoltà relazionali (Hand et al. 2010). La comparsa di discinesie e fluttuazioni motorie conseguenti all’uso cronico di levodopa può comportare minore attrazione sessuale tra i partner (Bronner et al. 2015).
Da uno studio di Bronner del 2018, risulta che i pazienti con PD (1008 uomini, 330 donne) hanno riferito che la comunicazione, soprattutto fisica (carezze) ed emotiva (mostrare sentimenti), sono state ridotte proporzionalmente all’aumentare della sintomatologia motoria e non motoria (Bhattacharyya et al. 2017; Gola et al 2017; Lewczuk et al 2017; Gola et al 2016).
Buhmann (2017) nel porre attenzione al peso della disfunzione sessuale, evidenzia come la disfunzione orgasmica negli uomini con malattia di Parkinson sia accompagnata dalla paura di non soddisfare le aspettative sessuali dei loro partner, dall’evitamento delle attività sessuali, dal ritiro dalla relazione e anche da pensieri di separazione dal partner.
Utilizzando un questionario standardizzato sul funzionamento sessuale nelle malattie croniche (SFCE), Buhmann et al. (2017) hanno valutato retrospettivamente l’impatto della diagnosi di malattia di Parkinson su 38 domini della sessualità prima e dopo la diagnosi di PD in 53 pazienti. I risultati hanno evidenziato come dopo la diagnosi di PD alcuni aspetti sessuali siano migliorati nelle donne ma siano peggiorati negli uomini; l’importanza attribuita ad aspetti relazionali non sessuali, come parlare di sentimenti o tenerezza è aumentata soprattutto nelle donne a dispetto di un deterioramento della funzione sessuale, come la frequenza dei rapporti, l’eccitazione sessuale, le fantasie sessuali anormali soggettive o la soddisfazione sessuale, specialmente negli uomini.
Con la durata della malattia, la frequenza della tenerezza con il partner è aumentata.
Altro sintomo relazionalmente impattate è l’ipersessualità che negli uomini si associa a una diminuzione della salute e della soddisfazione sessuale mentre le donne sperimentano maggiormente sofferenza psicologica e sociale. L’ipersessualità si manifesta nell’attitudine dell’uomo o della donna a essere pronti, in qualsiasi luogo e con qualsiasi persona, a copulare oppure a praticare atti di masturbazione (a volte anche compulsiva), esibizionismo e voyeurismo. Tali condotte vengono perseguite nonostante il progressivo deteriorarsi di rapporti affettivi e relazionali e la compromissione di altre attività quotidiane e sociali dell’individuo. C’è una notevole frustrazione nella ricerca di sollievo dalla compulsione sessuale (Nakum and Cavanna 2016). Malgrado i ripetuti tentativi di ridurre la frequenza del comportamento sessuale disfunzionale, il soggetto affetto da ipersessualità non riesce a controllare le sue compulsioni. Il soggetto affetto da dipendenza sessuale può avere livelli più alti, rispetto alla media della popolazione, di disturbi della personalità e dell’umore quali ansia, depressione, aggressività, ossessività e compulsività.
L’esacerbazione del comportamento sessuale compulsivo può portare a notevoli sofferenze associate alla perdita della sensazione di gratificazione e soddisfazione sessuale e al mancato controllo degli impulsi sessuali intensi, identificati in uno schema persistente e ripetitivo, per un periodo prolungato di 6 mesi o più, che può avere un impatto su questioni psicosociali, legali e di salute pubblica (Solla et al 2015) portando a gravi esiti negativi, come l’isolamento sociale, infezioni sessualmente trasmissibili, disoccupazione, divorzio, problemi finanziari, gravidanze non pianificate, molestie e abusi sessuali (Reed et al 2019; Kraus et al 2018Bronner et al. 2015) e zoofilia (Solla et al 2015).
È inoltre degno di nota che l’età è il fattore di rischio più correlato con il morbo di Parkinson, mostrando una maggiore comparsa tra i 55 e i 65 anni nell’avanzare del PD, la fase della vita in cui l’individuo desidera sentirsi produttivo ma può essere afflitto da grandi, economici, sofferenza sociale, personale, familiare, psicologica e sessuale dovuta al PD.
Il disagio coniugale è strettamente connesso ai problemi sessuali (Yeh et al. 2006). Tutti questi cambiamenti richiedono agli individui di reinventare la loro sessualità e sviluppare nuove pratiche intime.
Pertanto, la disfunzione sessuale non dovrebbe essere ignorata, soprattutto nelle coppie che sono già colpite dalle difficili conseguenze del PD (Bronner and Korczyn, 2018).
dr.ssa Anna Carderi