soccorso psicologico di base

Tecniche ed Interventi per la gestione degli Attacchi di Panico: il Soccorso Psicologico di Base (BPS).

In una situazione di emergenza la persona in stato di necessità può sentirsi impaurita, turbata, confusa, arrabbiata fino a sperimentare un vero e proprio attacco di panico. Ecco che in queste particolari condizioni condotte inappropriate possono portare al prolungamento degli attacchi di panico (Galeazzi e Meazzini 2004).

Da qui la necessità di un intervento di emergenza, non necessariamente di ordine medico, psicologico o psicoterapeutico, la cui attuazione renda meno traumatica l’esperienza dell’attacco di panico.

Parliamo del Soccorso Psicologico di Base (BPS).

Ma cosè il BPS?

Il BPS è un protocollo di primo soccorso ideato per soccorritori occasionali, costituito da manovre e comportamenti finalizzati alla gestione immediata dei sintomi dell’attacco di panico e dell’ansia acuta.

In definitiva si tratta di un’assistenza di base centrata su aspetti pratici ed emotivi Semplice, Efficace e Modulare!

Il BPS è costituito da 7 fasi:

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è BPS-1024x576.jpg

Vediamole insieme…

Il primo passo del BPS è quello di garantire la sicurezza ambientale.

Si inizia con il controllare che non ci siano pericoli imminenti e fattori ambientali particolarmente dannosi in modo da non mettere a repentaglio l’incolumità propria e dell’altro. Dopo di che si procede con l’allontanare l’eventuale folla … curiosi.. e chi potrebbe risultare essere di intralcio per la corretta esecuzione del protocollo..

Affinché il protocollo sia efficace è molto importante gestire la nostra eventuale ansia ed altre emozioni (distanziamento emotivo) in modo da mantenere il focus sul compito, fronteggiandolo, trasmettendo all’altro fiducia.. così da farlo aderire alla messa in atto delle manovre protocollari.

Messa in atto che si avvale del contatto (2 fase). Da questa fase dipenderà la qualità dell’intervento e l’esito del soccorso prestato.

L’efficacia della relazione di aiuto dipende dalla nostra capacità di mantenere la calma e di empatizzare con la persona. Vanno evitate locuzioni controproducenti riferite agli aspetti emotivi che ne sminuiscono la portata. Dire ad una persona in preda ad un attacco di panico di stare tranquillo… di calmarsi, non agitarsi o di rilassarsi avrà esattamente l’effetto opposto. Similmente sostenere la teoria che è tutto nella sua mente o che sta avendo una risposta esagerata rispetto a ciò che si sta verificando dicerto non aiuterà nessuno… ergo… meglio evitare interpretazioni fuori luogo! Con tono di voce gentile, rassicurante, deciso , chiaro e forte presentiamoci (nome, cognome, professione) e spieghiamo il perché siamo lì e chiediamo l’autorizzazione a prestare soccorso.. Soprattutto se il soggetto è minorenne. Di fatto, il protocollo prevede un seppur limitato, contatto fisico che se non preventivamente autorizzato potrebbe risultare invasivo  e disturbante…e portare ad un peggioramento della situazione. Inoltre, l’aiuto può non essere ben accetto o essere avvertito come minaccia.

Una volta ricevuto il  consenso invitiamo la persona a sedersi e posizioniamoci accanto e lateralmente a lei in modo che possa controllare ciò che stiamo facendo cercando di mantenere una distanza personale di 45-120 cm dal suo volto. Una distanza tra 0-45 cm potrebbe risultare come invasione dello spazio intimo e amplificare le risposte di allarme.

Dopo di ché, procediamo con una valutazione preliminare. In questa 3a fase dobbiamo sia accertarsi se sia o meno la prima volta che ha un attacco di panico, sia verificare se sussistono condizioni di salute necessarie per procedere al BPS o meglio escludere condizioni mediche/organiche/farmacologiche o uso di sostanze che possono indurre sintomi similari all’ansia o agli attacchi di panico. Nonostante ci sia la possibilità che per qualunque motivo X la persona neghi o dissimuli la presenza di patologie o l’assunzione di farmaci o sostanze, secondo le più recenti linee guida sul 1o soccorso la valutazione delle condizioni del soggetto e l’individuazione della natura delle patologie e del malore che ha colpito la persona rappresentano una priorità del 1o soccorso.

Fatto ciò possiamo procedere alla 4a fase, quella di valutazione vera e propria che ci consente di individuare quali dei 13 sintomi dell’attacco di panico sono presenti e la loro intensità. Una tecnica che ci permette di verificare in 30’’ la presenza e l’intensità di 4 sintomi somatici (tachicardia, sudorazione, tremori fini o a grandi scosse, dispnea) presenti nell’AdP è quella della rilevazione 4-30. Altra tecnica è quella dell’inchiesta. Consente di rilevare la presenza di sintomi di natura più soggettiva e di comprenderne il grado di disagio esperito. Consente di osservare le variazioni ne corso dell’intervento e quindi di valutare l’efficacia delle strategie messe in atto.

Il compito del soccorritore occasionale è e rimane sempre quello di riconoscere, non diagnosticare! Così da monitorare e valutare l’efficacia del soccorso prestato e il grado di criticità da comunicare al 118.

L’intervento (fase 5) consta di tecniche e manovre per gestire i sintomi associati all’attacco di panico che si basano essenzialmente su interventi respiratori e cognitivi.

Per quanto concerne il controllo respiratorio, rispetto alle linee guida per il soccorso, rappresenta la tecnica d’elezione per l’intervento di 1 soccorso in caso di attacco di panico. Va detto che se pur l’iperventilazione, di per sé, non induce l’attacco di panico, favorisce la comparsa di tutto un corollario sintomatologico (vertigini, giramenti di testa, sudorazione, palpitazioni, dispnea, dolori toracici, tremori e parestesie, confusione, sensazione di leggerezza alla testa, difficoltà visive, paura di impazzire e di perdere il controllo, depersonalizzazione e derealizzazione) che comporta un aumento del ritmo respiratorio. L’aumento del ritmo respiratorio comporta sia un aumento di O2 nel sangue, dando luogo ad alcalosi respiratoria, sia una diminuzione di CO2 nel sangue con conseguente ipocapmia. Con il risultato che più frequentemente e intensamente si respira meno ossigeno arriva al cervello  e più si aggrava e prolunga la condizione. L’intervento respiratorio si avvale sia della respirazione diaframmatica sia della respirazione controllata.

Per quanto concerne l’intervento cognitivo va evidenziato che la persona in preda ad un attacco di panico tende a focalizzare l’attenzione sulle proprie sensazioni somatiche, sui propri pensieri e sulle proprie paure irrazionali. Ne deriva che, consapevolizzare che gli stati emotivi e le condotte individuali sono regolati dai propri pensieri, valutazioni e credenze è decisivo nel disinnesco dell’attacco di panico.

La fase 6 consiste in una nuova valutazione dei parametri al fine di monitorare l’andamento dei sintomi e l’efficacia dell’intervento stesso.

Giunti alla fase 7 di Risoluzione la persona si potrà rendere conto che la reazione ansiosa si riduce spontaneamente e che il luogo e la situazione non sono la causa diretta dei sintomi che sta provando. Inoltre, l’intervento trasversale consente alla persona di consapevolizzare che è possibile fronteggiare e gestire l’attacco di panico senza dover ricorrere alla fuga, all’evitamento e ad altri comportamenti protettivi. Infatti, vivere l’attacco di panico consente di constatare oggettivamente che non si muore, non si impazzisce e che i sintomi si esauriscono nel giro di poco. Tutto ciò aumenta il senso di autoefficacia e diminuisce la possibilità che si inneschi il circolo vizioso che alimenta l’attacco di panico.

A cura della dr.ssa Anna Carderi

Tratto da Attacchi di panico e ansia acuta di Cattani D e Scappallato P. ed. Giunti OS.

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *