minority stress

Minority Stress

Nel nostro comune sentire lo stress è sollecitato da situazioni particolari cui le persone devono adattarsi sia da un punto di vista emotivo che da un punto di vista fisico (un esame scolastico, un cambio di lavoro o di ruolo, un evento inaspettato).
Se parliamo però di stress legato all’appartenenza ad una minoranza, entriamo nel contesto delle discriminazioni e dei pregiudizi cui sono soggette alcune categorie di persone che per fattori preminentemente socio-culturali, vengono ritenute “diverse”.

Le minoranze sessuali e di genere possono essere soggette al cosiddetto minority stress ossia una forma cronica di stress psicosociale (Meyer, 1995), propria di chi appartiene ad un gruppo discriminato e stigmatizzato che influisce negativamente sulla salute psicofisica a breve e lungo termine.

Considerata la vastità del tema e del materiale di ricerca a disposizione prenderemo come riferimento i lavori di Lingiardi e Meyer.

Ilan Meyer, professore presso la Columbia University, esaminando gli studi riguardanti i disagi psicologici delle persone omosessuali, mette in rilievo come essi non siano in relazione diretta con l’orientamento sessuale, ma con le condizioni di vita e sociali cui ancora troppo spesso le persone LGBT sono sottoposte. In particolar modo, Meyer sostiene che il minority stress, derivando dall’esperienza soggettiva di pregiudizi, aspettative di rifiuto da parte del prossimo, dal nascondere la propria identità sessuale per compiacere l’altro, nonché dall’omofobia interiorizzata, sia uno dei principali fattori causa di disagio. M propone un modello teorico secondo cui, la prevalenza del malessere psicologico nelle persone LGBT è da far risalire proprio al minority stress.

L’Istituto di Medicina (IOM) ha citato il modello di Meyer come una delle quattro prospettive trasversali consigliate per lo studio della salute LGBT.

Meyer nel suo modello individua tre componenti/processi che possono incidere negativamente sulla salute psicofisica quali eventi di discriminazione subiti, stigma percepito, omofobia/transfobia interiorizzata.

  • La prima, più oggettiva, è costituita dalle esperienze vissute di discriminazione e violenza.
  • La seconda, in parte oggettiva e in parte soggettiva. È quella dello stigma percepito, relativa all’aspettativa di essere discriminati e rifiutati. Tanto più è alto il livello di stigma percepito tanto più alto è il grado di allerta e il timore di essere indentificati come persone LGBT.
  • La terza componente, più soggettiva, costituita dall’insieme di sentimenti e atteggiamenti negativi che la persona LGBT può provare verso se stessa in maniera più o meno consapevole, con vissuti negativi che vanno dal disagio al disprezzo di sé e da cui derivano la scarsa accettazione o il rifiuto di sé. Meyer, infine, evidenzia come le persone LGBT che hanno subito, o si aspettano, la discriminazione dai propri genitori mostrano un’elevata omofobia interiorizzata (Meyer, 2003). 

 Quali sono gli effetti del Minority Stress sulla salute psicofisica?

La ricerca internazionale dimostra che le esperienze di pregiudizio legato allo stigma, la discriminazione e la vittimizzazione (Minority Stress) sono collegate a una serie di esiti negativi compreso il disagio psicologico:

  1. Un alto rischio di suicidio soprattutto nella popolazione di adolescenti e giovani adulti come risultato delle esperienze negative di stigmatizzazione. Violenze e discriminazioni extrafamiliari ma soprattutto intrafamiliari possono avere un impatto emotivo molto forte e deleterio incrementando fino ad otto volte il rischio depressivo e suicidario.
  2. Aumento dell’incidenza del disagio psicologico e dell’abuso di alcol tra le persone LGBT, significativamente più alta nei paesi che non hanno leggi sul matrimonio omosessuale o politiche che proteggono le minoranze sessuali contro discriminazione e discriminazione;
  3. Depressione e bassa autostima;
  4. Sono stati riscontrati più alti livelli di citochine proinfiammatorie (molecole che indicano un processo infiammatorio in corso) nella saliva in persone con alti livelli di discriminazione percepita;
  5. Nelle donne è stata riscontrata una maggiore ansia sociale, una maggiore incidenza di disturbi alimentari (abbuffate) e vergogna legata al proprio corpo;
  6. una maggiore incidenza dell’uso di sostanze come ad esempio la marijuana soprattutto negli adolescenti;
  7. Un maggior rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale.

Inoltre i sintomi tipici del Minority Stress sono spesso gli stessi che ci fanno individuare un Disturbo PostTraumatico da Stress (PTSD) quali:

  • Evitamento di attività, luoghi o persone che evocano ricordi traumatici
  • Persistente ipervigilanza
  • Riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative
  • Sensazioni di distacco o di estraneità
  • Sensazioni di diminuzione delle prospettive future di poter essere ben accettato e benvoluto, di stringere relazioni
  • Stanchezza cronica, somatizzazioni

Come ridurre il minority stress e renderlo una risorsa per la persona?

A tal fine imprescindibili sono i fattori protettivi, la prevenzione e la formazione.

Fattori protettivi

Strategie di coping: È importante individuare o sviluppare le caratteristiche psicologiche della persona e le sue risorse sociali che possono aiutarla a contrastare il minority stress e a migliorare il suo livello percepito di benessere e soddisfazione personale.

Riconoscere e favorire la Resilienza: Per esempio, Crocker e Mayor asseriscono che lo sperimentare modalità differenti di fronteggiare il minority stress e l’avere a disposizione dei facilitatori sociali (gruppi di amici etero solidali, associazioni ecc.), hanno un effetto positivo sul benessere psicologico e aiutano a superare gli effetti dello stigma.

Supporto sociale: Nelle ricerche eseguite tanto da Lingiardi quanto da Meyer, risultano evidenti i fattori sociali come fonte di influenza sul benessere psichico delle persone LGBT.

Fondamentale è la possibilità di contare sul sostegno da parte di amici e di una comunità (sostegno sociale). Essere attivi o far parte di associazioni LGBT è un fattore protettivo verso lo stress e il disagio psicologico e sociale. A fronte di una famiglia che si è dimostrata rifiutante o maltrattante la comunità/associazione/gruppo nel suo essere accogliente, accentate e valorizzante è riparativa

Accettazione di sé

  • Diminuire le aspettative di discriminazione da parte dei familiari. I genitori svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’identità GBM e forniscono supporto nel processo di accettazione di sé (Crocetti & Meeus, 2014). A causa della paura del rifiuto, è probabile che i GBM che si aspettano di essere discriminati dai loro genitori non facciano coming out. Pertanto, non possono beneficiare del sostegno dei genitori, ad esempio, di fronte alla vittimizzazione omofobica (Poteat, Mereish, Digiovanni e Koenig, 2011).
  •  Fare un percorso di coming out che comprenda un processo di auto-consapevolezza e integrazione della propria identità sessuale all’interno della propria identità individuale.

Gli studi suggeriscono che chi ha subito aggressioni omofobiche mostra preoccupazione per la paura di essere bersaglio di future discriminazioni. Come risultato delle aspettative di discriminazione, la persona LGBT potrebbe nascondere il proprio orientamento sessuale come strategia per prevenire future discriminazioni e rifiuti (Meyer, 2003Ragins, Singh, & Cornwell, 2007 ).     Le ricerche evidenziano come la possibilità di coming out sia inversamente proporzionale alle aspettative di essere discriminati soprattutto dai familiari.                                                                                        L’omofobia interiorizzata verso sé stessi e le aspettative di discriminazione, anche da parte dei membri della famiglia, hanno mostrato una correlazione maggiore con lo stress percepito rispetto alle altre dimensioni. Secondo Walch (2016), i fattori di stress delle minoranze prossimali svolgono un ruolo fondamentale nell’influenzare la salute mentale. 

Prevenzione

Gli effetti del Minority Stress possono essere alleviati attraverso una corretta e capillare divulgazione di informazioni volte ad attenuare il pregiudizio e lo stigma sociale, tali da contrastare l’omofobia e promuovere il benessere sociale nel suo insieme. Importanti risultano essere gli interventi di prevenzione contro il bullismo omo e transfobico nelle scuole e di prevenzione degli stereotipi di genere e il lavoro con le famiglie di origine per ridurre i comportamenti di rifiuto e aumentare le interazioni positive di genitori e figli.

Formazione

L’aggiornamento costante è un requisito fondamentali degli operatori sanitari per mettersi in una posizione di ascolto rispettoso ed evitare così di rinforzare lo stigma interiorizzato dei pazienti stessi (vittimizzazione secondaria)

Formarsi, informarsi, aggiornarsi è una condizione necessaria per ogni operatore sanitario affinché il suo operato si inquadri nell’obiettivo di supportare e aiutare la persona che si rivolge a lui senza instillare nel rapporto professionale proprie credenze erronee che possono risultare iatrogene. E’ innegabile come i propri atteggiamenti impliciti ed espliciti verso le omo/bisessualità e la personale competenza sulle tematiche LGB possano influire in ambito di valutazione e di intervento.

Da una ricerca di Lingiardi e Nardelli emerge la necessità di uniformare l’atteggiamento clinico nei confronti delle persone LGBT che troppo spesso ancora risente non solo di (pre) giudizi personali e culturali ma di vere e proprie inesattezze e arretrate concezioni teoriche in riferimento all’omosessualità e alla bisessualità.

 Linee guida

Esistono punti imprescindibili che un professionista dovrebbe tenere a mente nel suo accostarsi alle persone LGB.

Le linee guida nascono dalla necessità di uniformare l’atteggiamento clinico nei confronti delle persone LGB che troppo spesso ancora risentono non solo di (pre) giudizi personali e culturali ma di vere e proprie inesattezze e arretrate concezioni teoriche in riferimento all’omosessualità e alla bisessualità.

A livello internazionale, le più autorevoli associazioni di categoria hanno prodotto numerosi materiali per promuovere una maggiore chiarezza sui temi che caratterizzano le minoranze sessuali e di genere. Si tratta sia di documenti di carattere divulgativo, sia di vere e proprie linee guida che si propongono di aiutare i professionisti della salute mentale ad assumere approcci adeguati nella pratica clinica con gli utenti e i pazienti non eterosessuali.

Tra i documenti più rilevanti le linee giuda prodotte dall’American PsychologicalAssociation (2009, 2012), dalla BritishPsychological Society (2012) e dall’American Academy of Child and AdolescentPsychiatry (2012).
Esempi italiani, invece si rifanno alle Linee guida redatte da Lingiardi e Nardelli (2013) il cui obiettivo è fornire agli psicologi, psicoterapeuti e a tutti i professionisti della salute mentale gli strumenti di base per riconoscere i molti temi che possono riguardare la vita delle persone LGB e delle loro famiglie.

Tutti i documenti a cui si fa riferimento si basano sulle seguenti evidenze:

a) le omosessualità sono varianti normali e positive della sessualità umana e non costituiscono di per sé, indicatori di disturbi mentali o dello sviluppo;

b) le omosessualità e le bisessualità sono oggetto di stigma sociale che può avere svariate conseguenze negative nei percorsi e processi evolutivi (minority stress);

 c) gli affetti ed i comportamenti omosessuali possono essere presenti in vari orientamenti sessuali;

d) le persone LGB possono condurre vite soddisfacenti, istaurare relazioni di coppia durature e formare famiglie solide quanto quelle eterosessuali;

e) non esistono ricerche scientifiche che riconducono l’omosessualità al trauma o alla disfunzionalità familiare,

f) non è dimostrato che tutti i tentativi terapeutici che abbiano l’obbiettivo di modificare l’orientamento sessuale siano efficaci o esenti da rischi.

Aderendo alle linee guida nazionali ed internazionali sono fortemente raccomandati specifici programmi formativi e di aggiornamento, rivolti a psicologi e psicoterapeuti, che includano lo studio del minority stress e delle altre tematiche LGB.
Concludendo il minority stress è un fenomeno multidimensionale, che agisce su più livelli e che può comportare serie conseguenze per quanto riguarda la salute mentale della persona, ma, se elaborato, può anche portare ad attivare o potenziare risorse personali importanti, che possono elevare questo stato di salute. il raggiungimento di tale obiettivo risiede nella necessità di una rete di raccordo struttura-territorio che abbia stesse competenze, metodo, percorso e intervento e nella conseguente necessità di facilitare la possibilità di accesso a questa rete

dr.ssa Anna Carderi

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