nov 12

Sessualità performativa e doping sessuale

sessualità performativa e doping sessualeOggi la sessualità pare essersi affrancata dall’affettività…

… ci si attende che sia autonoma e autosufficiente e che venga giudicata solo in base al grado di soddisfazione che può arrecare (Bauman Z., 2004).

Una sessualità performativa, basata sul fare per dimostrare, spaventosamente riduttiva e meccanica in cui conta solo la quantificazione disumanizzante del ‘quanto è durato’ e ‘quanto spesso’, bypassando l’assioma del corpo come linguaggio e della sessualità come relazione.

In questo scenario dove l’erezione è divenuta qualcosa da esibire e la sessualità uno strumento di affermazione non stupisce il nascente fenomeno del doping sessuale.

Cosa è che spinge al doping sessuale?

In una società, fattrice della Generazione L, dove la parola d’ordine è vietato invecchiare, ingrigire ed ingrassare, aumenta la necessità di mantenere una buona performance sessuale al fine di accedere e soddisfare la richiesta di una sessualità “performativa”.

Una sessualità, quella performativa che presuppone l’obbligo di dimostrare la capacità di avere una erezione performativa…ergo … per dire sono capace  di “avere un erezione” … “farla godere”  ecc. occorre essere anche nella posizione di poterlo fare!

Questa necessità inevitabilmente stimola e genera fantasmi rispetto all’idea dell’efficienza erettiva che condizionano e modificano il nostro rapporto col mondo, con il nostro corpo e con la nostra identità. Perchè se si insegue l’ideale di una sessualità performativa, basata sul solo passaggio all’azione penetrativa, tale ricerca inevitabilmente innesca anche la paura di non raggiungerla mai… l’ansia performativa. Ne risulta che le aspettative di lui e di lei siano intrise dell’angoscia performativa implicante la perfetta esecuzione dell’azione sessuale.

Il terreno fertile che ha concorso alla nascita di una sessualità performativa e al conseguente doping sessuale è rintracciabile nelle false aspettative, nei siti trappola, nell’industria farmaceutica e pornografica che hanno nel tempo creato aspettative irrealistiche rispetto alle prestazioni sessuali, alimentando un modello competitivo e individualistico che non ammette fallimenti basato sulla prestazione più che sulla relazione riducendo l’altro, il partner, al mero oggetto della nostra esibizione.

Una falsa rappresentazione della realtà sessuale, questa, che impone di ricercare approcci sessuali immediati e veloci, riducendo, fino ad azzerarli, il corteggiamento e i preliminari. Comportando una scissione fra sesso e amore svuotando la sessualità della dimensione relazionale, emozionale e sentimentale e dato luogo al diffondersi di una varietà di nuovi comportamenti sessuali che è possibile sperimentare online e ad un aumento le perversioni soft.

Un erotismo senza corpo, narcisista e autoreferenziale che annulla l’interdipendenza erotica tra i sessi e alimenta il terrore performativo del maschio, che sente il proprio pene piccolo, inadatto o incapace di reagire vigorosamente davanti ad un partner reale.

Questo “dimostrare” qualcosa a qualcuno spesso fa si che la persona rifugge dalle occasioni prossime inter-relazionali… si accontenta di piacere, di stimolare il desiderio e accendere il piacere dell’altro (Sextin, alienazione dal rapporto sessuale, pornodipendenza web, masturbazione compulsiva).

Inoltre, questa affermazione di se stessi attraverso la sessualità esige una qualità genitale che può degenerare in pretesa perfezionistica … Ciò alimenta la ricerca di un’arma sempre più performante!

Tale necessità è stata accolta e cavalcata dagli innumerevoli siti-trappola che promettono e non mantengono prestazioni super ‘Quattro volte meglio del Viagra!’ con rimedi di dubbia efficacia che garantiscono che ‘La lascerai senza fiato!!!’

Tutta questa divulgazione non scientifica unita ad ignoranza, false aspettative e convinzioni erronee  alimentano sia il mito di una sessualità performativa  sia le speculazioni intorno all’erezione performante creando la domanda e la patologia stessa. Di fatto, le pressioni insite nella richiesta performativa e la conseguente  paura di non sentirsi sufficientemente preparato possono avere un ruolo preminente nell’insorgenza, nella gravità, nell’esacerbazione o nel mantenimento della disfunzione stessa o produrre altri problemi psicologici relazionali o organici.

In questo scenario dove l’atto sessuale è confinato ad un mera performance la pillola può essere vissuta come un dopante migliorativo della prestazione.

In questo scenario urge la necessità di rieducare l’opinione pubblica in modo da operare una revisione di certi valori soggettivi e di nuovi comportamenti che permettono alla persona di rimettersi in gioco, rafforzare e migliorare l’idea che ha di se stesso; perché anche il farmaco più portentoso se avulso dal contesto della relazione di coppia perde di significato e valore, diventa un evento meccanico privo di risonanze emotive profonde.

dr.ssa Anna Carderi

tratto da Lui lei e le nuove aspettative. Sessualità performativa e doping sessuale. 5° Congresso nazionale ASS.A.I. Roma, 17-18 novembre 2017 

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ott 09

Deficit erettile nella coppia.

deficit erettile nella coppiaProblema suo
problema mio
problema nostro

Il problema sessuale che nasce all’interno della coppia è un problema di coppia e come tale va affrontato!

Ai fini terapeutici è necessario che la coppia, al fine di affrontare e superare il problema,consideri l’impotenza del partner come una condizione della coppia.

La disfunzione erettile è un evento che ha fatto precipitare un equilibrio già precario dei singoli componenti della coppia stessa.

Questa necessità nasce sia dal fatto la DE ha un forte impatto psicologico anche sul partner tanto da scatenare tutto un corollario emozionale che mina il suo benessere psicosessuale; sia dal fatto che come spesso avviene ha anche lei/lui sviluppato un problema sessuale.

Nelle donne, l’insorgenza di una DE, aumenta la probabilità di sviluppare disturbi del desiderio, dell’eccitazionee e o  dell’orgasmo.

Inoltre, a dispetto di quanto si pensi, spesso involontariamente può essere lo stesso partner a creare o mantenere un problema di DE. Vi sono circostanze in cui la comparsa di una disfunzione erettile nel partner è accolta come una vera e propria liberazione. Si tratta, in questi casi, di donne che non hanno mai sperimentato un rapporto sessuale gratificante. Talvolta preferiscono addirittura un partner che “non funziona” sessualmente, perché lo considerano più controllabile. Altre volte, la mancanza di erezione assume le connotazioni del rifiuto e può innescare nella partner sentimenti  di rabbia a cui risponde con un atteggiamento di aperta ostilità, rimprovero e rifiuto di nuovi rapporti sessuali.

La coppia che arriva in terapia è una coppia che ha perso ogni motore erotico o sensuale, reduce di una sessualità ormai deteriorata perchè stereotipata, poco stimolante e gratificate che nel tempo ha portato ad un progressivo distacco e disinteresse finanche sul piano affettivo e fisico oltre che sessuale.

La DE cambiando il rapporto con i propri genitali ha concorso a modificare la vita sessuale e relazionale della coppia rendendo difficile o distruttiva la comunicazione all’interno della coppia. La disfunzione erettile porta l’uomo ad evitare i contatti corporei e i rapporti sessuali al fine di salvaguardare la stima di sé o a limitare l’attività sessuale ad una penetrazione precoce, defraudando la sessualità del suo valore comunicativo e relazionale.

Di contro la partner potrebbe sentirsi žemarginata e “oggettivata” e affettivamente “trascurata” perché l’attenzione de del suo compagno può essere rivolta più sulla prestazione   e non sulla presenza e i bisogni di lei.

Questo aumenta la distanza perchè spesso si ha paura di essere abbandonata/o o tradita/o perchè non si è più sensuale o attraente. La frustrazione e la rabbia che ne deriva alimenta sentimenti di rivalsa fomentando la voglia di evadere e cercare altrove.

La relazione di coppia è lo spazio dove compaiono i sintomi sessuali, ma è anche lo spazio dove essi possono essere risolti  e il partner può essere il fattore chiave della guarigione da una DE.

Una strategia terapeutica ben condotta deve dunque tener conto non solo della partner ma anche della relazione di coppia.

L’obiettivo terapeutico non può essere solo quello di recuperare l’erezione. Occorre andare oltre e ritrovare la complicità di coppia.

La terapia sessuale mira a restituire al paziente una vita sessuale soddisfacente e non solo la risoluzione del sintomo.

Ciò in quanto recuperare la sessualità non significa automaticamente recuperare il senso di se stessi come uomo o donna.

dr. Anna Carderi

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ott 09

Body shaming

body shamingNon ti curar di loro ma guarda e passa!

Un vecchio adagio la cui messa in pratica, già complicata nella vita reale, diventa difficile se non impossibile quando le critiche, gli insulti e le frecciatine velenose si divulgano sui social mettendo virtualmente alla berlina il mal capitato colpevole di essere fisicamente imperfetto.

È il caso del body shaming.

Un vero e proprio attacco alla persona che si esplica attraverso il criticare l’aspetto fisico dell’altro con l’intento di deriderlo sui social.

Il web viene usato come strumento di bullismo e veicolo di un messaggio che ci rimanda uno standard di bellezza e magrezza a cui, seppur distorto, ci sentiamo obbligati di aderire per non essere derisi ed umiliati. È il metro e lo specchio  di come ci vedono gli altri e a volte basta una foto “ingenuamente” postata dove appaiono qualche chilo o qualche ruga in più per essere prese di mira e diventare oggetto di body shaming.

Appellativi e commenti che qualificano la persona come grassa, cicciottella, vecchia, cadente o brutta possono avere pesanti ripercussioni. Questi infatti rappresentano un attacco alla propria autostima e alimentano sensi di tristezza, vulnerabilità, inadeguatezza, solitudine e morte. Il senso di fallimento unitamente alla vergogna, all’insicurezza e all’angoscia che ne deriva portano inevitabilmente la persona all’isolamento e a sviluppare  una vera e propria ossessione per il corpo.

Nel tentativo di aderire a canoni di bellezza irreali il body shaming può rappresentare la via reggia allo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare, alla dismorfofobia, all’ansia sia personale che sociale.

Il body shaming trova terreno fertile soprattutto nelle donne, da sempre troppo attente al loro aspetto fisico e da sempre bombardate da messaggi pubblicitari che inneggiano alla perfezione.  Corpi perfetti che diventano un traguardo per chiunque desideri essere felice e avere successo e sentirsi a proprio agio con gli altri.

E nell’inseguire la chimera di uno standard di bellezza che non esiste perché siamo persone e non oggetti, quello che troppo spesso accade è che la persona perda il contatto col proprio sé e si strutturi un disagio profondo a causa dell’inneggiamento ad una richiesta di perfezione artefatta e costruita se non addirittura generata allo stesso computer.

dr. Anna Carderi

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ott 09

Educazione sessuale ed internet

educazione sessuale ed internetChi si occupa di educare le ragazze e i ragazzi di oggi, futuri protagonisti della propria sessualità?

Nell’era della cultura digitale basta un click per  trovare qualsiasi tipo di informazione di carattere medico, fisiologico o ludico sull’atto sessuale, sulla trasmissione delle malattie, sulla possibilità di rimanere incinta, sugli aspetti anatomici o usufruire di youporn per capire meglio come si fa il sesso (Magnani A. 2013).

Wikipedia, siti dedicati alla sessualità (dillinger.it ; in cerca di fuga.it; sesso sublime.it; strada nove.it, etc.), blog, chat, forum, siti pornografici gratuiti sono queste le fonti da cui i giovani attingono le maggiori informazioni.

Dallo studio EU-Kids Online (2013) è emerso che il 21 per cento dei giovani svizzeri tra i 9 e i 16 anni hanno già visto su Internet contenuti a carattere sessuale.

Da un Sondaggio effettuato su un campione di 7.257 ragazzi fra i 18 e i 20 anni dell’ultimo anno di scuola  superior di Padova, condotto  nel 2015, emerge che l’ 80% scopre le  informazioni sul sesso sul web.

Un fai da te che, unito al tam tam del gruppo dei pari, spesso alimenta miti patologici, false aspettative, incorretti atteggiamenti, inadeguate relazioni con il partner, errate consapevolezze sul proprio corpo, disinformazione.

Incidendo prepotentemente sulle modalità comunicazionali e relazionali e producendo, nella migliore delle ipotesi, una preoccupante disconnessione  dal contatto con l’altro, dal corpo, dalle emozioni e dall’intimità.

Complici le relazioni web mediate, negli ultimi anni stiamo assistendo al trionfo della cultura ipersessualizzata. una cultura che allontana sempre di più i ragazzi dall’adottare un sano comportamento sessuale che comporta un vivere in modo consapevole la propria sessualità, basato sul rispetto verso se stessi e verso gli altri e sulla contraccezione. Questo eccesso di stimoli sessuali del cyber spazio suscita maggiori e nuovi interrogativi che si intrecciano alla già naturale curiosità dei ragazzi verso il sesso, (Oliverio Ferraris A. 2015) spesso disorientandoli condizionando i propri desideri ed emozioni.

Avventurarsi alla scoperta della sessualità attraverso il web spesso porta ad esplorare in totale autonomia territori per i quali potrebbero non essere dotati delle giuste competenze, sia sul piano cognitivo che su quello emotivo comportando turbamenti se non addirittura traumi (Pellai A., 2015).

Scoprire il sesso bruciando le tappe di un percorso di apprendimento naturale condiziona il piacere della scoperta attraverso il proprio corpo e le proprie esperienze.

La tecnologia rende accessibili in un click contenuti ed esperienze che spesso i giovanissimi non sono in grado di capire e gestire (Pellai A., 2015) come immagini che vanno troppo a di là dell’esperienza di un ragazzino o che associano il sesso alla violenza e forniscono una immagine del sesso perversa (Oliverio Ferraris A. 2015).

CyberMessaggi e cyberInformazioni che insidiano, condizionano e plasmano i primi approcci alla sessualità dei giovani impattando sia sulla costruzione dell’identità sia sullo sviluppo sessuale, dando luogo a nuovi comportamenti a rischio.

L’accesso disinvolto alla sessualità da parte dei ragazzi li espone al rischio di sexting, uso massiccio della pornografia online e adescamento, alienazione dal rapporto sessuale e dipendenza.

Per molti tutto ciò rimane un’esperienza, un gioco trasgressivo, un’esplorazione di sé, delle proprie fantasie e del variegato territorio della sessualità (Lust E., 2014).

In altri si crea una falsa rappresentazione della realtà sessuale che impone di ricercare approcci sessuali immediati e veloci, riducendo, fino ad azzerarli, il corteggiamento, i preliminari. Comportando una scissione fra sesso e amore svuotando la sessualità della dimensione relazionale, emozionale e sentimentale.

Altri ancora sono alienati da questo erotismo senza corpo tanto da rimanerne irretiti e non riuscire più a vivere la sessualità con un soggetto vero (G. Pietropolli Charmet, 2013) sfociando nella dipendenza patologica.

Come si tutelano i ragazzi da un conformismo sessuale e da una ipersessualizzazione  che inneggia ad una sessualità come strumento di affermazione e non come parte importante della vita di ognuno?

Oggi più che mai urge un’educazione sessuale, che si adatti alle attuali modalità di scoperta e fruizione del sesso e metta in guardia le nuove generazioni dalle trappole del web (Pellai A. 2015).

È importante fornire ai ragazzi gli strumenti, ossia le conoscenze di base, per aiutarli a distinguere il sesso della fantasia da quello della realtà , vale a dire una corretta EDUCAZIONE SESSUALE.

E mentre …

•Negli Stati Uniti sono state istituite nelle scuole lezioni di educazione all’affettività e alla differenza sessuale.
•In Gran Bretagna le sociologhe Feona Attwood (Middlesex University) e Clarissa Smith (Sunderland University ) hanno fondato Porn Studies, la prima rivista scientifica dedicata allo studio della pornografia.
•In Svezia dal 1956 l’educazione sessuale è obbligatoria per tutti i ragazzi dai 7 ai 19 anni.
•In Francia è obbligatoria come informazione sessuale, nei programmi di scienze dal 1973.
… In Italia è dal 1902 che falliscono i tentativi di inserire l’educazione sessuale e sentimentale nelle scuole!
                                                                                                                                                dr. Anna Carderi

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giu 18

Aspetti psicosessuologici della Programmazione Medicalmente Assistita.

aspetti psicologici della procreazione medialmente assistitaAll’interno dello spazio duale arriva il momento in cui la coppia sente la necessità di passare dallo status coniugale a quello genitoriale.

Così la coppia  inizia ad adoperarsi  per dar seguito al proprio progetto procreativo dando spesso per scontata la propria capacità riproduttiva.

Quando la coppia dopo innumerevoli tentativi, inizia ad interrogarsi sul perché il progetto procreativo non va a buon fine, il più delle volte,  si presenta allo specialista per avere la conferma che non c’è sia nulla che non vada.

La disattesa della loro aspettativa conseguente alla diagnosi di infertilità è una ferità narcisistica che designa il fallimento del naturale passaggio  dalla coppia coniugale alla coppia genitoriale.

La diagnosi viene vissuta come una vera e propria mutilazione nel proseguire la propria specie e il proprio sé biologico, innescando tutto un corollario emozionale tipico del lutto e della perdita.

Una minaccia che mina la propria integrità, salute ed onnipotenza. Essa rappresenta un’esperienza di perdita, un attacco al senso di infallibilità e può portare alla perdita di autostima, fiducia, sicurezza, e speranza.  La ferita narcisistica induce sentimenti di angoscia e inadeguatezza di tipo depressivo. Spesso i pazienti lamentano una perdita del gusto della vita e inconsapevolmente si vergognano della condizione di infertilità.

Frequentemente si prova rabbia e odio data dalla disattesa delle aspettative, dei bisogni e dei progetti. Invidia verso i pancioni altrui e la loro capacità fecondativa. Frustrazione e stati d’animo negativi ciclicamente rafforzati dalla ricomparsa delle mestruazioni.

Tale vissuto scatenato dal deficit riproduttivo spesso rende difficile o distruttiva la comunicazione all’interno della coppia, ne aumenta la conflittualità riducendo o annullando “la complicità” amorevole tra partner, anche in altri ambiti e rispetto ad altri obiettivi.

Il linguaggio del corpo diventa rigido e distante comportando delle modificazioni oltre che nella vita relazionale anche in quella sessuale. Emergono o aumentano, così, le difficoltà sessuali.

La condizione di infertilità suscita, infatti, i fattori inibitori dell’esperienza sessuale intesa come evento lucido, quasi a voler banalizzare un rapporto che di fatto non può essere finalizzato alla riproduzione.

Logicamente Il modo di reagire alla diagnosi di infertilità è estremamente complesso, poiché dipende da fattori personali e dalle proprie capacità di fronteggiamento  della problematica (self efficacy, resilienza, prole solving), dalle reazioni delle persone significative e dalle credenze insite nella cultura.

Aspetti psicologici della PMA

La diagnosi spesso rappresenta lo spartiacque che designa la fine di una via crucis investigativa e l’inizio di una via crucis curativa.

L’inizio di un percorso di PMA può essere una fase critica per la coppia tanto che il trattamento è soprattutto uno stress psicologico piuttosto che fisico.

La PMA per sua stessa natura viene vissuta come un’intrusione sia fisica sia psicologica che impatta sull’equilibrio della coppia tanto che La maggior parte dei pazienti che afferiscono ai Centri di PMA, in particolare le donne, considerano la valutazione e i trattamenti dell’infertilità l’esperienza più sconvolgente della propria esistenza.

La coppia in trattamento sperimenta tutto un corollario emozionale complesso fatto di disperazione, dolore, speranza, sconforto e demoralizzazione, dubbio e imbarazzo innescato dal vivere l’esperienza di un corpo alienato e meccanizzato e dal dispendio di energie fisiche e psichiche conseguente alla lunghezza dell’iter terapeutico. Ma anche frustrazione e rabbia inerente le sensazione di essere espropriati della propria intimità e di aver perso il controllo sulla propria vita e sulla copro sessualità. Stress per l’investimento emotivo ed economico e paura del fallimento.

È stato dimostrato che in corso di IVF subito prima di iniziare un ciclo molti pazienti riferiscono sintomi depressivi, lievi in più della metà (54%) e moderati e gravi nel 19% dei casi.

Dopo i fallimenti terapeutici non è raro per i pazienti riferire sintomi depressivi, ansia, rabbia e isolamento.

Molti di questi sintomi persistono per lunghi periodi di tempo tanto che in uno studio retrospettivo di Demyttenaere K su 86 coppie che non hanno concepito con IVF, il 66% delle donne e il 40% degli uomini hanno riferito sintomi depressivi dopo un trattamento IVF fallito, e un terzo degli intervistati ha riferito sintomi depressivi anche nei 18 mesi successivi.

Unitamente all’iter terapeutico , la necessità di una programmazione precisa dei rapporti spesso è corresponsabile della temporanea interruzione della soddisfazione sessuale.

La necessità di avere rapporti sessuali in momenti specifici, infatti  può avere un notevole effetto negativo sul desiderio e sulla funzione sessuale.

Il sesso diventa meccanizzato e l’intimità diminuisce drasticamente, aggravando lo stress della coppia.

Per alcune coppie, queste difficoltà possono persistere anche dopo aver risolto i propri problemi di infertilità.

I rapporti sessuali, diventano stressanti ed a loro volta fonte di stress, la donna pur di diventare madre, glissa spesso sul desiderio sessuale e sulla dimensione del piacere il partner, vive ogni possibile momento di intimità, come  esclusivamente finalizzato al concepimento e quindi abitato da ansia da prestazione e soprattutto fecondazione.

La vita sessuale può subire un condizionamento negativo, con diminuzione della frequenza e della spontaneità dei rapporti e insorgenza di disfunzioni sessuali transitorie, quali difficoltà nel raggiungere l’orgasmo, calo del desiderio, eiaculazione precoce, impotenza secondaria, incapacità di portare a termine il coito o azoospermia transitoria come risposta alla richiesta di rapporti per l’esame post-coitale

Nell’uomo lo stress fisico e psichico causato dal sentirsi responsabile di un atto da cui dipenderà il concepimento di un figlio può, infatti, innescare una risposta d’ansia da fecondazione tale da determinare calo del desiderio sessuale, difficoltà di eiaculazione e disfunzione erettile.

E poi …

poi quando finalmente arriva la gravidanza viene spesso considerata come il premio o la compensazione per le difficoltà incontrate. Nonostante ciò  la gravidanza post-infertilità è un tempo carico sia di speranze sia di timori per un possibile aborto.

Le reazioni alla gravidanza dopo un’esperienza di infertilità tendono a collocarsi tra due estremità.

Da una parte può verificarsi un atteggiamento di rifiuto che consiste nel negare lo stato di gravidanza , banalizzare o trascurare la profilassi quotidiana.

Dall’altra parte ci può essere un atteggiamento perfezionista ed eccessivamente preciso, ordinato, scrupoloso nel seguire le indicazioni terapeutiche. La gravidanza viene monitorata in modo ossessivo, non lasciando niente al caso. L’angoscia della paziente è contenuta dalla ricerca di continue rassicurazioni circa l’evoluzione della gestazione.

Tali reazioni sono dovute al fatto che le donne vivono la gravidanza come un “periodo di attesa di una perdita” (Scarselli V.)

Poiché queste donne fanno fatica a mentalizzare il passaggio dall’essere una paziente infertile ad essere paziente ostetrica spesso si ritengono ancora incapaci di credere di poter mettere al mondo un figlio per cui sono in costante allarme per un possibile segnale che annunci un aborto imminente.

Se c’è stata una precedente perdita di gravidanza, l’ansia è notevolmente più alta in entrambi i partner e aumentano le difficoltà di fronteggiamento di ogni minimo problema, difficoltà che si esplica nell’atteggiamento ipercontrollante  o si instaura un senso di distacco emotivo a cui segue l’atteggiamento di rifiuto.

L’ansia e le paure sono inoltre mantenute dall’ impossibilità di prevedere e controllare il risultato.

La gravidanza da P.M.A. è così gravata  dalla paura che il trattamento aumenti la probabilità che il bambino nasca con un handicap;

preoccupazione per la propria incolumità fisica e dell’esito negativo dell’intervento Medico; timore di non essere capaci di fare le mamme;

rifiuto delle trasformazioni corporee e paura di ingrassare (Pregorexia).

L’importanza del Counselling Sessuologico è soprattutto riferito all’aiuto nel superare gli stati di ansia e di angoscia correlati; diminuire l’incidenza dello stress vissuto; superare i diversi contrasti comunicazionali; fare scelte precise e oculate in merito alle soluzioni proponibili; risolvere le difficoltà e le disfunzioni sessuali.

A livello sessuale interviene sulle possibili difficoltà che si ritrovano durante l’iter di trattamento come la caduta del desiderio, che a sua volta, innesca una riduzione della frequenza dei rapporti sessuali, i disturbi dell’erezione durante il periodo ovulatorio, l’anorgasmia e l’insoddisfazione. Agevola le coppie nel dissociare positivamente la fase della riproduzione da quella sessuale, cercando di eliminare l’ansia da prestazione/fecondazione presente.

A livello emotivo, il sessuologo può offrire supporto alle coppie, permettendo loro di liberare le emozioni, discutere dei timori e di avvicinare argomenti quali l’identità sessuale, la stima di sé e l’immagine del corpo.

A livello della dinamica di coppia, la terapia può essere utilizzata per migliorare o stabilizzare la comunicazione all’interno della coppia, per approfondire aspetti irrisolti o aggravati dalla crisi evolutasi all’interno della coppia e per tutelare o assicurare l’equilibrio della stessa.

A livello di compliance, il counselling sessuologico si interessa delle informazioni relative alla sessualità e al trattamento diminuendo l’effetto dei fattori di drop out motivanti l’abbandono del trattamento.

In uno studio di Van der Broek et al., è emerso che tra le ragioni dell’interruzione del trattamento l’eccessivo carico psicologico rappresentava la maggioranza dei casi (58%)

Dato confermato da Rajkowa et al., che in uno studio su 732 coppie conclusero che i fattori di drop out erano:

Il diminuire con il passare del tempo della possibilità di avere una gravidanza, i continui insuccessi e lo stress psicologico associato.

I fattori di drop out si instaurano se i partners durante il periodo del Trattamento si sentono emarginati e “passivizzati” poiché non sufficientemente informati e resi affettivamente partecipi delle cure mediche a cui si sottopongono e affettivamente “trascurati” dal momento che l’attenzione del medico è rivolta più sul suo corpo e sulle terapie mediche, e non sui loro bisogni.

L’acquisizione di conoscenze sull’infertilità e sulle tecniche di riproduzione, infatti diminuisce lo stress globale e di quello legato alla sfera sessuale e aumenta le strategie di coping limitando il rischio di abbandono o non aderenza al trattamento.

È inoltre fondamentale offrire supporto psicologico alle coppie infertili anche nel momento di successo di un trattamento di riproduzione assistita in modo da  facilitare l’adattamento alla gravidanza e la preparazione alla genitorialità.

La consulenza può fornire un prezioso aiuto nell’affrontare non solo i trattamenti di fecondazione assistita ma anche il loro eventuale fallimento.

In particolare il verificarsi di ripetuti fallimenti induce la coppia a confrontarsi in modo realistico con l’impossibilità di avere figli biologici e in tal caso il supporto psicologico può facilitare l’elaborazione del lutto e la reinterpretazione della situazione, che può sfociare nell’adozione o nel prefigurarsi e progettare una vita senza figli.

In tutti i casi di infertilità e procreazione assistita ricorrere al supporto psicologico consente di migliorare la gestione dell’evento in modo da favorire l’esito stesso del trattamento medico.

dr. Anna Carderi

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giu 17

Il feticismo e l’ossessione erotica per i guanti.

feticismo del guantoIn pelle, trasparente, gomma, latex, intero o senza dita, borchiato o aculeato, il guanto è da sempre considerato il simbolo erotico della vagina e la mano che lo calza il pene.

Tale simbolismo archetipo lo rende a tutti gli effetti uno strumento di seduzione; basti pensare a come la prorompente Rita Hayworth nel film Gilda conquistò l’immaginario erotico maschile semplicemente sfilandosi lentamente un ammiccante quanto lunghissimo guanto.

Strumento che in alcuni casi può trasformarsi in un vero e proprio (so)oggetto di adorazione ossessiva. Nel feticismo infatti è l’oggetto il vero soggetto del desiderio, dell’attrazione e dell’interesse sessuale.

A livello erotico, solitamente l’incontro con il guanto avviene con le prime pratiche masturbatorie.  Le sensazioni erotiche che ne derivano fanno si che inseguito la persona lo continui ad usare, alla stregua di un feticcio, per aumentare il grado di desiderio ed eccitazione sessuale.

Il guanto è uno dei feticci più diffusi e gli svariati materiali di cui si compone lo rendono adatto agli impieghi e ai giochi sessuali più svariati, dal fisting allo spanking, al cateterismo e alle “perlustrazioni” genitali di tipo clinical.

La persona ne possiede un numero svariato e il solo atto di toccarli, annusarli, accarezzarli o indossarli assume valenze erotiche e avvia la risposta sessuale di eccitamento.

Per loro la masturbazione guantata è di gran lunga più eccitante e piacevole del rapporto sessuale. Per alcuni il richiamo erotico di una mano guantata è talmente forte che il solo esserene sfiorati porta all’orgasmo.

Per altri, i feticisti del guanto, non può esserci eccitazione se non che con i guanti.

L’uso, come la vista di qualcuno che li indossa, ma anche il semplice pensiero di indossarli suscita nel feticista del guanto una stimolazione erotica.

La loro sessualità quindi ruota esclusivamente ed ossessivamente intorno al guanto feticcio, impoverendo paradossalmente la propria vita sessuale dal punto di vista creativo, ludico, seduttivo, relazionale ed affettivo. Perché la sessualità feticista ogni volta è fatta di cliché, è una situazione sempre analoga alla precedente ad esclusività del guanto anche solo per il fatto che per loro il sex glove fetish rappresenta il solo modo per raggiungere l’orgasmo.

In queste persone, il feticcio, alla stregua di un oggetto transazionale disfunzionale, da alla persona sicurezza, la isola e la protegge dall’altro. Quindi l’uso del guanto da un lato rimanda all’incertezza che si cerca di tenere sotto controllo e dall’altra, se accomuniamo per analogia il guanto al condom, alla preservazione dai rapporti con gli altri.

Una sorta di base sicura da cui partire ed esplorare il mondo della sessualità.

Ma la mano guantata sublima anche una aggressività ansiosa e repressa riconducibile, come sostiene Robert Stoller, ad una traumatica umiliazione infantile che il bambino all’epoca non ha potuto decodificare come tale e che oggi in età adulta viene associata ad appagamento sessuale. 

In queste persone il feticcio non è più parte stimolante del gioco erotico ma diventa il tutto, limitando la persona nella espressione di se stessa, impedendogli di stare con chi gli interessa e di stabilire legami intensi.

Il feticismo rappresenta così la costruzione di un mondo totalmente privato, lontano da tutti e da tutto, dove domina una realtà esclusiva fra il feticista e il feticcio.  Così il ricorso al feticcio nato dall’ appagamento di un bisogno diventa una necessità insuperabile e inglobante.

 dr.ssa Anna Carderi

 

 

 

 

 

 

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giu 22

La sessualità in gravidanza.

sessualità in gravianzaLa gravidanza è un evento capace di suscitare grandi gioie come grandi paure che si avvicendano altalenandosi nel corso dei nove mesi. Complici di queste oscillazioni emozionali gli ormoni come alcune convinzioni errate che riguardano proprio il sesso.

La gravidanza può diventare terreno fertile di un’infinità di preoccupazioni e paure spesso alimentate da false credenze come il pensare che i rapporti sessuali durante la gravidanza possano nuocere al bambino o stimolare parti prematuri. Tutto ciò inconsciamente scatena dinamiche di protezione che creano distanza fisica e minano il menage di coppia.

Al contrario, una gestazione scevra da false credenze e tabù costituisce un’occasione di crescita straordinaria che rafforza nella coppia il senso di intimità e progettualità e il desiderio di creare un clima di rilassatezza e di serenità atto ad accogliere il futuro nascituro che intensifica le occasioni di intimità tamponando le ripercussioni di un possibile calo del desiderio sessuale nella donna, alimentando così la sua disponibilità sessuale.

La gravidanza offre ai partner anche la possibilità di sperimentare nuove forme di sessualità e nuove fonti di piacere. L’aumentare del pancione e le limitazioni fisiche che esso comporta fa si che la coppia debba, infatti, cimentarsi in nuove posizioni sessuali.

Inoltre, si verifica un aumento della voso-congestione dei tessuti genitali con conseguente aumento della lubrificazione vulvo-vaginale, dell’elasticità dei tessuti e una facilitazione della risposta orgasmica che diventa più intensa e frequente che ottempera la riduzione della libido o lo scatenarsi una serie di malesseri specifici come la nausea o la stanchezza dato dall’aumento del progesterone

Aumenta il senso di appartenenza e di supporto, si è esponenzialmente più disponibile. I membri della coppia diventano più nutritivi sia verso la coppia stessa sia verso l’idea di genitorialità. 

Tutto ciò rende il rapporto di coppia e quello sessuale più soddisfacente.

40 settimane che mettono a dura prova la coppia nel trovare la giusta vicinanza e un nuovo equilibrio. 40 settimane in cui la coppia riscopre se stessa e si consolida come tale.

dr.ssa Anna Carderi

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giu 11

Benessere sessuale e riproduttivo nell’uomo. La prevenzione innanzi tutto! Ecco come farla.

benessere sessuale e riproduttivoIl benessere sessuale e riproduttivo passa soprattutto attraverso lo strumento della prevenzione.

La prevenzione dal canto suo passa necessariamente attraverso la conoscenza del proprio corpo.

E’ questa conoscenza infatti che ci consente di riconoscere eventuali cambiamenti che sono fonte di informazione per riconoscere alcune delle patologie sessuali più frequenti.

Vediamole insieme.

Iniziamo dal varicocele.

Esso rappresenta la causa più frequente di infertilità maschile. Raramente causa dolore ed è caratterizzato da una dilatazione delle vene del funicolo spermatico, insieme di vasi e nervi a cui è attaccato il testicolo.

Come verificare la presenza o meno di un varicocele?

Il varicocele è quasi sempre a sinistra e quando presente, in piedi, palpando il funicolo subito sopra il testicolo si possono apprezzare le vene dilatate, similari a piccoli cordoncini.

E se invece ad interessare i testicoli fossero cisti o tumori?

Normalmente i testicoli somigliano a delle uova sode, qualsiasi protuberanza o irregolarità dovrà essere segnalata al medico. In alcuni casi il tumore al testicolo determina dolore ma l’autopalpazione rimane la forma di prevenzione più certa.

Eccome come eseguirla. Palparsi i testicoli e scorrerli tra le dita così da conoscerne le caratteristiche e riconoscerne le eventuali variazioni di superficie e di consistenza. Attenzione!! Le cisti sono situate sopra il testicolo, i noduli e i tumori invece si localizzano sul testicolo.

Altra anomalia che può colpire il testicolo è quella della risalita dello stesso nel canale inguinale a causa di una assenza congenita dei mezzi di fissazione allo scroto. Tale fenomeno detto testicolo in “ascensore” o retrattile spesso può essere associato a dolore lieve. Se invece il dolore è forte e vi è difficoltà anche a camminare probabilmente siamo in presenza di torsione completa del testicolo. In questi casi urge recarsi al più vicino pronto soccorso.

Il fenomeno del testicolo retrattile si verifica dopo rapporti sessuali, dopo la doccia o un bagno in mare o dopo il semplice sfregamento della faccia interna della coscia (riflesso cremasterico).

Passiamo ora all’incurvamento del pene. Esso può essere congenito o acquisito.

La curvatura è congenita se presente dalla nascita. Il pene in questi casi curva verso il lato sinistro o in basso. E’ dovuta a un asimmetrico sviluppo dei corpi cavernosi.

Negli adulti la curvatura acquisita e secondaria è detta IPP (induratio penis plastica) o malattia di Peyronie dal nome del suo scopritore. Nel 30% dei casi può essere preceduta da dolore al pene più spesso invece la curvatura del pene si manifesta al risveglio del mattino. La placca fibrotica, causa della curvatura, impedisce al lato del pene di este4ndersi in erezione, formando appunto la curvatura.

L’autofotografia del pene in erezione consente di documentarne le eventuali curvature. Inoltre la palpazione del pene consente di individuare la placca fibrotica.

In ultimo, parliamo di fimosi.

La fimosi consiste nel restringimento del prepuzio (la pelle che ricopre il pene) che rende impossibile scoprire il glende anche a riposo. Questa patologia può essere presente alla nascita o a seguito di infezioni del glande e del prepuzio (balanopostiti). Queste infiammazioni possono essere anche la spia del diabete.

Altra condizione è la parafimosi, situazione in cui il glande rimane scoperto a riposo ma non durante l’erezione.

 
Queste patologie unitamente ad uno stile di vita poco sano che includa abitudini negative come fumo di sigaretta, dell’abuso di alcol, marijuana, droghe sintetiche, e sostanze dopanti minano nel tempo il benessere sessuale e riproduttivo. Numerosi studi hanno rilevato il ruolo nocivo di queste sostanze sulla funzione riproduttiva e sulla procreazione attraverso una riduzione della qualità del seme e della cellula uovo con conseguenti problemi di concepimento sia naturale che medicalmente assistito.
dr.ssa Anna Carderi

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mag 31

Nonni e nipoti un’alchimia senza tempo

Nonni e nipotiIn una società in costante evoluzione, intrisa di proiezioni ambiziose e che guarda avanti senza troppo soffermarsi sul qui ed ora, i nonni spesso rimangono i capisaldi della nostra sicurezza.

Il rapporto nonno-nipoti è molto complesso e variabile. Può essere promotore di un affetto e di una gioia inestimabile come di contrasti generazionali e noia mortale.

Quanti di noi sono cresciuti con i nonni sanno perfettamente di cosa parlo.

Parlo di una relazione affettivamente unica. Un legame senza pari.

A patto che la lontananza, i rancori e le gelosie con i genitori o la noncuranza delle loro scelte, le affinità caratteriali, le sensibilità individuali, come anche l’accettazione del ruolo di nonno non interferiscano nella costruzione del rapporto nonni-nipoti.

Se tutto o quasi va per il verso giusto per il bambino sarà facile fare breccia nel loro cuore e così vivere un’esperienza di crescita ineguagliabile.

Loro, i nonni, sono i nostri fans per eccellenza e noi siamo la loro costante fonte di soddisfazione; intelligentissimi, bravissimi, bellissimi!

Ci strapazzerebbero di coccole e ci accontenterebbero in tutto.

Spesso nei momenti di difficoltà sono la nostra ancora, ci incoraggiano e credono in noi e alimentano i nostri sogni.

Così facendo rafforzano e consolidano le nostre capacità e la nostra autostima.

Perché il bambino che gode di sicurezza affettiva sviluppa fiducia in se stesso e nell’ambiente che lo circonda.

Un rapporto che non è mai unidirezionale; qui lo scambio è reciproco.

I nonni danno sostegno ai propri nipoti nei loro momenti di difficoltà, danno sicurezza e amore e attraverso i nipoti possono ricevere affetto e sentirsi ancora utili, anzi necessari, come possono sentirsi nuovamente bambini.

È innegabile che il contributo dei nonni alla crescita dei nipoti come anche alla loro gestione (scuola, compiti, ecc.) è un aiuto indispensabile questo non ci deve indurre in inganno.

Ricordatevi sempre che i nonni non sono i genitori del bambino questo consentirà di consolidare il rapporto con i nipotini ed evitare contrasti e malumori gli stessi genitori.

Dr.ssa Anna Carderi

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mag 13

La gerontofilia. Quando l’attrazione sessuale per le persone anziane diventa ossessione.

gerontofiliaA dispetto di un’idea preformata di una sessualità che vede nei giovani e in corpi nel pieno della forma fisica gli unici aventi diritto alla sessualità, c’è tutto un modo di persone che vedono la beltà proprio nel corpo segnato dal tempo.

E a dispetto della chirurgia e farmacologia estetica vedono le rughe o i capelli screziati di bianco come qualcosa che rende attraente e sessualmente appetibile la persona nonostante l’età avanzata.

Quindi non stupiamoci se donne e uomini, più che maturi, anziani, diventino il possibile oggetto di attenzioni sessuali da parte di una persona molto più giovane di loro.

Ciò che invece deve destare il ragionevole dubbio è quando tale forma di attrazione assume le caratteristiche di esclusività e il desiderio si trasforma in una vera e propria ossessione fino a sfociare in atti di coercizione.

In questo caso siamo di fronte ad un fenomeno complesso quanto poco conosciuto come la gerontofilia.

I gerantofili, donne o uomini che siano, sono persone giovani che provano un’attrazione sessuale di tipo patologico per le persone anziane.

Sono esclusivamente loro l’oggetto dell’eccitazione sessuale.

I pensieri, i comportamenti, i desideri e le fantasie sessuali sono esclusivamente incentrati sulla persona anziana. Tanto da optare per lavori che li mettono a stretto contatto con gli anziani (case di cura, restauratore, ecc).

Tanto da dedicare a loro un tempo eccessivo che spesso comporta una compromissione dell’area sociale, relazionale e lavorativa.

Un interesse sessuale che diventa insostituibile causando un disagio clinicamente significativo.

Egli infatti si trova costantemente in conflitto tra il desiderio di dare sfogo all’impulso sessuale e il rammarico di doverlo reprimere. Tale conflitto può sfociare in depressione.

Comunemente la gerontofilia si riscontra in persone con disturbo di personalità antisociale.

Tale esclusività si manifesta da sempre.

Già in tenera età mostrano un interesse e una curiosità erotica nei confronti delle persone anziane, nonni e zii attempati. Spesso hanno vissuto la loro infanzia a stretto contatto con persone e familiari molto anziani.

Per molti autori le cause sono da rintracciare in un il mancato superamento dei complessi infantili di Edipo (per la madre) e di Elettra (per il padre).

Per quanto concerne il trattamento questo generalmente non viene richiesto dall’interessato.

Nel caso è consigliabile una terapia cognitivo comportamentale o strategica come pure la psicanalisi e la farmacoterapia a base di antidepressivi e stabilizzatori dell’umore.

Dr.ssa Anna Carderi

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apr 25

Intervento di supervisione lavorativa ed emotiva

intervento di supervisioneL’efficacia della supervisione è intrinseca al suo essere sia una sessione di consulenza sia una sessione di monitoraggio clinico dove tutti gli operatori coinvolti a vario titolo nella gestione del singolo caso clinico s’incontrino periodicamente, per fare il punto sui risultati ottenuti.

Valutando i livelli d’efficacia ed efficienza delle diverse strategie adottate nella gestione dei singoli aspetti clinici, sanitari, psico-relazionali e socio-riabilitativi e cercando di integrare le strategie terapeutiche con ulteriori interventi, qualora risultasse necessario.

Compito della supervisione è quello di rendere consapevoli gli operatori dei processi di negazione e svalutazione dei soggettivi vissuti nei confronti della realtà emotiva dell’utenza e di scissione degli aspetti emotivi ed operativi, delle loro fantasie, che al contempo sono sia salvifiche che espulsive, al fine di riconoscerle ed elaborarle all’interno della propria realtà emotiva.

La supervisione diviene così lo spazio di contenimento e chiarificazione che consente di ostacolare la messa in atto di tutti quegli automatismi che si inseriscono nel rapporto malattia-assistenza quali il sovraccarico emotivo-oppositivo e l’eventuale perdita della propria identità personale che il costante contatto con il dolore possono comportare.

La supervisione diviene lo spazio concreto dove tutti gli operatori, coinvolti a vario titolo nella gestione del singolo, s’incontrano periodicamente in modo da dare voce alle loro difficoltà, ai loro sensi di colpa, ai loro bisogni, al loro senso di impotenza e al timore di essere inadeguati.  Sentimenti questi, che insorgono in chi deve educare una persona ad essere responsabile della propria qualità di vita e vive l’ambiguo dilemma di come intervenire e calibrare correttamente i propri interventi relazionali in modo da non creare fraintendimenti e frustrazioni che ostacolino l’aderenza al trattamento.

Se pensiamo al lavoro di “cura” a cui rispondono gli operatori, ci rendiamo conto di come l’inevitabile coinvolgimento che viene a crearsi all’interno della relazione e nell’ascoltare ciò che l’altro esprime comporta una rivisitazione e messa in discussione della propria immagine e dei nostri schemi, mettendo a nudo le nostre zone d’ombra.

Questa dimensione pedagogica della relazione educativa profondamente implicante rivela al Care Giver come non si può guardare l’altro senza tenere conto che c’è anche lui dall’altra parte.

La consapevolezza così acquisita lo aiuterà a capire sia i meccanismi che scattano quando si vanno a toccare certi nodi, sia a cambiare radicalmente l’ottica da cui predisporre riflessioni e interventi educativi individualizzati, graduati e differenziati secondo le reali esigenze di maturazione dell’utente.

In tal senso il paziente non è più colui che non possiede i requisiti per vivere al meglio la propria vita ma colui per il quale è necessario individuare le strategie più adatte a preservare una alta qualità di vita.

La supervisione si trasforma così nell’opportunità di elaborare la dimensione di una relazione che è costituita da due poli: l’operatore e l’utente e ciò che quella coppia crea di volta in volta con il reciproco interagire, sentire e cogliere dell’altro.

Dr.ssa Anna Carderi

Tratto da:

Carderi A. Aspetti Psicologici della Malattia Cronica in Dalla Mente al Corpo. Psicologia clinica applicata alle professioni sanitarie, (a cura di R Gorio), Kappa ed., 2009.

Gorio R.Tubili C., Carderi A. Aspetti psicologici del diabete tipo I. Annali degli Ospedali San Camillo e Forlanini, vol. 10, n.1, Gennaio-Marzo 2008.

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apr 15

Diversamente come te!

diversamente come teSai Mamma … il bambino quello nuovo … Mario …”

“Si, Andrea. Quello che non gioca mai, perché nessuno vuole giocare con lui, che sta sempre solo!”

“Sai  Mamma, lui ha tanti problemi.

Oggi l’ho aiutato a fare matematica e quando abbiamo finito mi ha guardato e mi ha sorriso.

Gli sono simpatico.

Poi a ricreazione ho giocato un po’ con lui e all’uscita di scuola, prima di salutarci, ci siamo fermati davanti hai gradini, lui mi ha sorriso e poi ha spinto la mia carrozzina.

Mamma, oggi sono felice!”

 Chi è il bambino problematico? Mario o Andrea?

La risposta sembra scontata.

Eppure emerge chiaramente che il diverso non è il nostro Andrea ma è Mario! È lui quello escluso e ignorato dal gruppo e che ha difficoltà ad entrare nel gioco e non Andrea.

Eppure, nonostante tutte le difficoltà di Mario, la tendenza di noi adulti, a differenza dei bambini, alla fine è quella di nutrire commozione, dispiacere o compassione, a seconda dei casi, proprio per Andrea.

Riconosciamo a lui, in quanto disabile, il bisogno di essere aiuto.

Questo stereotipo fa si che la disabilità e non il bambino diventi protagonista della scena, annullando tutte le sue peculiarità e capacità, talenti e passioni.

Ciò che invece dobbiamo comprendere è che prima di essere disabili sono figli come tanti e che come tali sono uguali nel loro bisogno di sperimentarsi e di essere autonomi. Sono uguali nel bisogno di avere una guida che li sostenga nell’affrontare le difficoltà quotidiane e a raggiungere i propri obiettivi.

Allo stesso modo, chi più, chi meno, soffrirà nell’adolescenza per le umiliazioni e il rifiuto dei coetanei o per un amore non corrisposto. Parimenti incontreranno persone che sapranno apprezzarli e stimolare la loro voglia di conoscere e imparare o che al contrario mineranno la loro autostima.

Dicendo ciò non voglio sottovalutare la disabilità.

Voglio solo evidenziare come spesso l’idea che ne abbiamo ci faccia vedere la persona disabile come colei da aiutare o peggio come un peso per la società, perché debole, malata, menomata sia fisicamente sia psichicamente, immatura e irresponsabile, ecc, allontanandoci dal fatto che possa esistere un’autonomia, un ruolo attivo e di lotta unitamente ad una voglia di vivere a pieno la propria esistenza pur non essendoci l’indipendenza fisica.

In fin dei conti l’handicap è in ognuno di noi. È nelle nostre paure e nelle nostre limitazioni culturali. La vera disabilità è nelle nostre rinunce. La vera disabilità è quella dell’anima che non comprende (Gladys Rovini).

dr.ssa Anna Carderi

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apr 15

Modificazioni sessuali estreme.

modificazioni sessuali estremeAvete mai sentito parlare di modificazioni sessuali estreme?

Per quanto abbiate un’immaginazione fervida è difficile capire di cosa si tratta se ancora non vi siete imbattuti in questo alquanto variegato fenomeno delle modificazioni sessuali estreme.

Un ambito in cui il tatuaggio genitale o il pearling sono cose da principianti.

Per modificazioni sessuali estreme intendo interventi di rimodellamento dei genitali che possono assumere le forme di vere e proprie mutilazioni volontarie come la sub incisione o bisezione del pene (meatotomia)o del clitoride o persino alla sua asportazione (nullificazione), la rimozione dei capezzoli, la labioplastica e l’imenoplastica.

Vediamole nel dettaglio …

La sub incisione consiste in un’incisione profonda della parte inferiore del pene che apre, parzialmente o del tutto, il canale uretrale. Un’incisione che spesso vede il suo prolungarsi a più riprese nel tempo fino a collegare il glande alla radice dello scroto.

Nella meatomia invece è la parte inferiore del glande del pene viene suddivisa in due parti.

Nelle donne la modificazione dei genitali converge verso la labioplastica o l’imenoplastica.

La prima comporta il rimodellamento delle piccole e grandi labbra derivata dalla rimozione di una porzione della pelle delle stesse.

L’imenoplastica consiste nella ricostruzione della membrana all’ingresso della vagina, appunto dell’imene, che si lacera di consuetudine durante il primo rapporto sessuale. Chi si sottopone all’intervento lo fa per recuperare, a livello anatomico, la verginità.

Qual è il movente che spinge queste persone a sottoporsi a pratiche così dolorose tanto da correre il rischio di compromettere anche in modo irreversibile la propria funzione sessuale?

La persona sente un bisogno pressante di intervenire “chirurgicamente” sulla parte non solo per il sollievo che l’atto del tagliare e il dolore che ne deriva genera ma anche per esprimere se stesso “abbellendo” e rendendo unico il proprio corpo.

Una vera e propria costruzione di sé tanto che l’incisione o la mutilazione non è dettata da un impulso ma è una procedura pianificata e attuata nel tempo. Per rimodellare i propri genitali in modo da farli combaciare alle proprie aspettative e ai proprio desideri apportando le dovute modifiche la persona tende al “fai da te” avvalendosi di strumenti casalinghi come forbici o coltelli ben affilati e quindi è spesso costretta per evitare eccessivi sanguinamenti e future infezioni ad intervenire a più riprese.

Un “fai da te” che consente alla persona di avere un rapporto intimo con il proprio corpo tanto più che spesso, pur essendo tali procedure molto dolorose, non si usa anestetico locale.

Dietro questi atti tanto ossessivi quanto estremi di modificare il proprio corpo spesso si nasconde un controllo compulsivo dell’aspetto fisico unito ad una distorta percezione corporea, fino ad arrivare ad una vera e propria disapprovazione del proprio corpo (dismorfofobia).

Inoltre, la motivazione che spinge alla modificazione sessuale estrema come per le automutilazioni può derivare da una struttura interna di tipo delirante se non psicotica.

dr.ssa Anna Carderi

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mar 11

La terapia sessuale e il trattamento delle disfunzioni sessuali

terapia sessualePiù di qualunque altra disfunzione quella sessuale è un disagio che influenza in vario modo la vita della persona agendo negativamente sulla sfera relazionale e sociale finanche a provocare depressione, ansia e perdita dell’autostima e dell’identità personale.

Troppo spesso chi ha un problema sessuale cerca una soluzione facile e veloce come quella farmacologica senza pensare che non esiste farmaco in grado di curare le sottostanti difficoltà di coppia o dell’altro partner o eventuali fattori che sono all’origine o che concorrono a mantenere il disturbo come ansia da prestazione, sensi di colpa, anticipazione del fallimento, miti sessuali.

Nonostante i successi della farmacoterapia non va dimenticato che la cura della disfunzione passa attraverso il riacquistare un certo controllo sulla propria funzione sessuale senza dover necessariamente dipendere da sostanze o materiali esogeni ma semplicemente ricorrendo alla terapia sessuale.

Ma come e su cosa interviene la terapia sessuale?

L’utilità della terapia sessuale subentra ogni qualvolta che le difficoltà sessuali possono essere attribuite alla presenza di ansia dovuta alle preoccupazioni circa le proprie prestazioni sessuali e al timore dell’insuccesso come anche al desiderio di fare bella figura, alla preoccupazione per le dimensioni del proprio pene, ad atteggiamenti negativi verso il sesso e il piacere e alla paura dell’intimità o di perdere il controllo, aggressività e ostilità verso la partner o mancanza di coinvolgimento, stress in generale e pregiudizi.

L’obiettivo principale della terapia sessuale consiste nella rimozione di queste problematiche che ostacolano una soddisfacente espressione sessuale.

La terapia sessuale, è una terapia che si focalizza principalmente sul sintomo.

Il trattamento delle disfunzioni sessuali si snoda su un continuum di tipo comportamentale e relazionale che prevede il ricorso a prescrizioni tecniche e strategie terapeutiche.                                                                                         Esso consiste nella prescrizione di esperienze che il paziente deve svolgere al di fuori della seduta; questi “compiti” hanno come scopo quello di fargli raggiungere obiettivi concreti  che gli rimandino la possibilità di un cambiamento positivo e del ristabilirsi di un buon funzionamento sessuale.

Esempi di tecniche mansionali sono la focalizzazione sensoriale e la tecnica della decompressione.

Nella focalizzazione sensoriale i partner sono sollecitati ad intraprendere una graduale interazione reciproca, accarezzando a turno il corpo nudo dell’altro, ad esclusione dei genitali. Successivamente, quando questo tipo di contatto fisico non è più associato a sentimenti di ansia, viene inclusa anche la zona genitale.

Nel caso di una disfunzione erettile utile è la tecnica della “compressione”, attraverso la quale la donna impara a comprimere il pene dell’uomo nel momento culminante dell’erezione affinché questa decadi; poi ricomincia la stimolazione fino ad ottenere un’ulteriore erezione.

Fare esperienza di sé attraverso le mansioni pone l’individuo e la coppia di fronte a celati sentimenti di insicurezza, colpa, ansia, difese a cui si deve la sintomatologia e che sono all’origine delle resistenze in modo da raggiungere un maggior grado di consapevolezza.

Oltre al corollario mansionale, la terapia sessuale si incentra pure su una psicoterapia atta ad aiutare i pazienti a superare eventuali blocchi psicologici.

Il connubio tra tecniche mansionali e psicoterapia proprio della terapia sessuale integrata consente di modificare le cause immediate – ansia da prestazione, inadeguata consapevolezza delle proprie sensazioni sessuali, l’autosservazione ossessiva, immagini mentali negative – e profonde – conflitti latenti nella coppia, senso di colpa, ansie e resistenze, transfert verso il coniuge di aspetti negativi di se – dei sintomi sessuali promuovendo così l’efficacia del trattamento e quindi la risoluzione di alcuni disturbi sessuali.

dr.ssa Anna Carderi

Tratto  da Carderi A., Petruccelli F., Verrastro V. Terapia sessuale in ipnosi. Alpes Italia ed., 2013.

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feb 26

Psicoterapia come spazio di ricostruzione.

psicoterapiaLa psicoterapia non è una scelta facile!

Iniziare un percorso di psicoterapia richiede l’assunzione di una responsabilità … quella di se stessi!

Un percorso che inizia da prima dell’appuntamento.

Inizia da quando ravvisiamo la necessità di uno spazio e un tempo per noi stessi.

Inizia dall’idea di aver bisogno di aiuto, perché da soli non ce la facciamo.

Spesso però quando chiediamo aiuto allo psicologo ci aspettiamo qualcosa di magico, che sani tutti i nostri dolori e ci faccia ritrovare in un baleno la serenità.

Ma la psicoterapia è un processo più lento, un lavoro che si compie attraverso piccoli passi … e lo psicologo è solo uno strumento che non può risparmiarci l’inferno in cui riversiamo ma che può solo tenerci la mano, guidarci e sostenerci mentre lo attraversiamo.

Un percorso che procede a piccoli passi che poi improvvisamente diventano quelli di un gigante.

Nell’attraversare il dolore impari ad addomesticarlo. Respiri meglio … e allora tutto cambia.

Un passaggio che ci offre la possibilità di tornare a noi stessi, per poi aprirsi ad un nuovo capitolo della propria vita e ripartire.

Diciamolo pure non tutti abbiamo voglia di farlo.

Anzi per molte persone vige la regola del non cambiare mai!

Cambiare. Che assurdità!

Incontrarsi, ritrovarsi e ricostruirsi questa è psicoterapia.

dr.ssa Anna Carderi

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feb 21

Calo del desiderio sessuale maschile: Il DDSIM.

Calo del desiderio sessuale maschileNon vi può essere sessualità senza desiderio.

È infatti l’insorgere del desiderio che, licitando nell’uomo l’erezione e nella donna la lubrificazione e la tumescenza, predispone entrambi all’attività sessuale.

Il desiderio è sollecitato od ostacolato dall’alta percentuale di raggiungere o meno il piacere o l’idea che se ne ha.

In definitiva, una memoria “sessuale” positiva ancorata alla soddisfazione di un bisogno è il maggior incentivo al desiderio sessuale e all’attività sessuale stessa.

A dispetto di quanto si pensi, questo disturbo è più frequente nell’uomo, che nella donna.

I fattori che più frequentemente si associano e/o possono causare un calo del desiderio negli uomini – tecnicamente si parla di Disturbo da Desiderio Sessuale Ipoattivo Maschile (DDSIM) – possono essere di ordine individuali, relazionali, intrapsichici, e organici.

Convinzioni religiose, disturbi dell’identità di genere o di scelta dell’oggetto sessuale, fobie sessuali, timore di perdere il controllo, paura della gravidanza, sindrome del vedovo, preoccupazione per l’invecchiamento, stress e affaticamento sono tutti fattori individuali capaci di influenzare il decorso della patologia, interferire con i trattamenti o esacerbare i sintomi della condizione patologica da DDSIM.

I fattori relazionali dovuti alla presenza di disturbi sessuali (HSDD, anorgasmia etc.) o scarse abilità sessuali del partner, soluzioni passivo aggressive degli squilibri di potere, possono agire riducendo la convinzione di efficacia sessuale e di autostima del maschio, favorendo la comparsa del disturbo.

Tra i fattori intrapsichici, la presenza di frequenti litigi all’interno della coppia e tensioni familiari associati a sentimenti d’ostilità, di risentimento o rabbia possono contribuire alla riduzione della libido nel maschio.

Altra fonte di DDSIM è rintracciabile in problemi legati all’attività lavorativa (impegni pressanti o scarsa gratificazione con relativa astenia psichica o frustrazione).

Nell’indagine eziologica oltre che dei problemi relazionali e intrapsichici va tenuto conto di un milieu di fattori organici che possono inficiare l’espressione del desiderio sessuale come le patologie endocrine (Carani et al., 2005) e croniche sistemiche (Meuleman et al., 2005).

Inoltre, diverse categorie di farmaci sono state associate alla presenza di un DDSIM. Tra questi, gli antidepressivi serotoninergici, e in particolare gli inibitori del riassorbimento della serotonina (SSRI).

È utile ricordare che il DDSIM può essere dovuto ad un corollario di altre disfunzioni sessuali, quale ad esempio la disfunzione erettile (DE) e i problemi eiaculatori (Meuleman et al., 2005).

L’inibizione del desiderio è fonte di grande sofferenza per la coppia e può essere motivo di grave patologia relazionale.

dr.ssa Anna Carderi

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feb 17

Mastectomia e sessualità

mastectomia e sessualitàIl tumore al seno  aggredendo quella parte del corpo che rappresenta e parla della propria femminilità e intimità in tutte le sue accezioni (materna, erotica, simbolica) altera la percezione che si ha di sé e impatta come uno tsunami sulla sessualità devastandola, riducendola ai minimi termini.

Confrontarsi con il tumore e con gli interventi terapeutici  (chirurgia e ricostruzione, chemioterapia, ormonoterapia) e ai cambiamenti fisici e psichici ad esso associati come la perdita dei capelli causata dalla chemioterapia, l’aumento o la perdita di peso, lo scarso benessere mentale (ansia, depressione), la bassa autostima e la sensazione di una difficoltà di comprensione con il partner ha forti ripercussioni sull’immagine corporea, sulla salute mentale e sulla qualità della vita sessuale.

Questa distorta percezione dell’immagine corporea unitamente ai trattamenti possono compromettere drammaticamente la sessualità della donna e della coppia, da un punto di vista sia biologico sia psicosessuale. Problemi sul piano del desiderio, dell’eccitazione, della capacità orgasmica e della soddisfazione ad essa correlata,  dispareunia, secchezza vaginale, tensione muscolare, sono all’ordine del giorno nelle donne mastectomizzate.

Una mastectomia totale, ad esempio, oltre a generare un sentimento di crisi dell’identità, un senso di perdita irreparabile e di rabbia, spesso comporta una sensibile diminuzione del piacere alla stimolazione al seno che unita alla vergogna di mostrare le cicatrici al proprio partner porta durante il rapporto ad evitare qualsiasi stimolazione di quella zona, riducendo la componente ricettiva del desiderio sessuale.

Se a questo corollario aggiungiamo anche le ripercussioni della menopausa iatrogena da chemioterapici o una menopausa naturale non trattabile con la terapia ormonale sostitutiva va da se come tutto ciò possa devastare il senso di femminilità e di erotismo della donna.

L’influenza negativa di tutti questi fattori organici, emotivi e psicologici sulla risposta sessuale può essere ulteriormente condizionata se il partner non riesce a rapportarsi in modo corretto alla malattia.

Nascono le prime incomprensioni che via via minano il rapporto di coppia. La coppia perde così la propria intimità sia affettiva sia sessuale, entrambi i partner si chiudono sempre di più  nelle loro paure e insicurezze.

Il sentirsi poco desiderabile, la paura di essere rifiutato o non accettato dal proprio partner per un corpo che porta i segni evidenti di un intervento, la paura di poter procurare dolore al partner o di richiedergli delle prestazioni a cui non è interessato creano sempre più distanza.

Altre volte le ritrosie determinate da un impedimento fisico come la dispareunia o l’atrofia vulvovaginale possono essere facilmente scambiate per scarso interesse, rifiuto e insensibilità andando a minare il rapporto più stabile. Tutto ciò rende difficile gestire il rapporto affettivo e sessuale con il partner che spesso, inconsapevole della reale serietà del problema, pensa che la compagna “esageri” o che non voglia avere rapporti sessuali.

Inoltre, vivere la sessualità come dovere, come paura di perdere il rapporto, come rottura dell’armonia fisica, finisce per determinare un cattivo tono dell’umore e una serie di resistenze, evitamenti della vicinanza e anche dell’affettività. Si nutrono sentimenti difficili come la rabbia, l’aggressività verbale, le esplosioni di conflitti, contrasti che nascono dalla sensazione di non essere capiti e amati.

Seppur prevale il bisogno di unione, ci sentiamo confusi e in bilico tra la voglia di restare e quella di andare! Se manca una reciproca capacità di comunicare (e quasi sempre manca) e viene meno la negoziazione, inevitabilmente le prime incomprensioni, le prime delusioni, i primi conflitti, vanno ad accentuarsi fino a portare alla crisi.

In questi casi la terapia di coppia consente ad entrambi i partner di ristabilire una vita sessuale attiva a partire dall’affrontare gli inevitabili cambiamenti inerenti la vita sessuale stessa.

L’apporto dell’intervento psico-sessuologico è duplice.

Da una parte consente ad entrambi i membri della coppia di effettuare una scelta valoriale dell’altro basata sul godere di ciò che l’altro offre di positivo e sul valorizzare la relazione.

Dall’altra interviene anche con tecniche di rilassamento, tecniche mansionali proprie della terapia sessuologica (Esercizi di Kegel, esplorazione dei genitali, ecc) e tecniche ipnotiche in modo da andare a lavorare sui condizionamenti fisiologici del ciclo di risposta sessuale dovuti alla patologia e dalla cura antitumorale in modo da interromperne il circolo vizioso.

Dr.ssa Anna Carderi

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gen 31

I giovani e il mondo del lavoro (che spesso non c’è). Approcci sani da avere.

giovani e lavoroDa sempre pensati come il motore del cambiamento, i giovani d’oggi sono bloccati in una sorta di “immobilismo” lavorativo ingiunto dalle richieste di una società in crisi che da una parte inneggia al successo e alla stabilità economica ma che dall’altra offre solo instabilità.

All’interno di questo complesso quadro storico-sociale per chi è appena uscito dall’università trovare lavoro non è facile.

Dopo centinaia di curricula vitae inviati e colloqui che non portano a trovare lavoro ci lasciamo assalire da tanti i dubbi fino a pensare che non abbiamo nessuna speranza di riuscita.

Quali sono le strade per uscire da questo impasse?

Invece di lasciarsi demoralizzare dalle inevitabili difficoltà dobbiamo guardare ai curriculum, alle inserzioni sui giornali, ai colloqui e alle estenuanti file nelle agenzie di lavoro interinale come allo sforzo necessario per arrivare ad un contratto o ad una collaborazione. In fin dei conti lo stesso Pareto affermava che  l’80% dei risultati è dovuto al 20% degli sforzi che fai per ottenerli!

Il primo passo è quello di uscire dallo stereotipo della crisi ed entrare nell’ottica che cercare lavoro è un lavoro a tutti gli effetti. Una ricerca che può impegnare un numero considerevole di ore ogni giorno.

Quindi, bando alla sfiducia il consiglio, innanzitutto, è chiedersi che tipo di lavoro stiamo cercando sulla base del “ cosa voglio fare e cosa sono adatto a fare?” invece del “quale lavoro faccio?”.

Offrire la giusta combinazione di competenze è tanto essenziale quanto evitare di sottoutilizzare il talento e le proprie potenzialità. È indispensabile far emergere quelle qualità che non possono essere insegnate e che, a parità di esperienze professionali e formative, sono determinanti nell’assunzione.

Una volta compreso cosa “farò da grande” dobbiamo saperci confrontare con un mercato in continua evoluzione in cui va avanti solo colui che sa padroneggiare un ampio numero di strumenti che gli permettono di affrontare in modo creativo il mondo che lo circonda. Investiamo su di noi a cominciare dalla formazione e dai programmi di tutorato adeguati al fine di aggiornarsi sulle innovazioni del proprio campo di specializzazione, acquisire nuove competenze utili per proporsi in nuovi ruoli e aprirsi nuove opportunità di lavoro.

A tal fine, è bene creare una vera e propria rete di contatti fruttuosi con persone che potrebbero segnalarci attività e impieghi interessanti o con cui condividere interessi, esperienze lavorative, etc.  È inoltre molto importante essere presenti sul mercato del lavoro virtuale.

Sfruttiamo pure le opportunità che gli strumenti digitali come social network, app, blog, forum, video, siti web ci offrono.

Impariamo ad utilizzare questi strumenti al meglio tenendo sempre ben presente che molte aziende si avvalgono del social recruiting, ovvero selezionano i potenziali candidati tramite l’utilizzo dei social network valutandoli in prima battuta da ciò che pubblicano su Facebook.  Quindi meglio evitare post di dubbio gusto o che potrebbero urtare la sensibilità altrui e sfruttare a pieno le potenzialità del social prescelto costruendosi un profilo ad hoc.

Quali che siano i canali che sfrutteremo per trovare lavoro occorre reinventarsi, ripensarsi, senza farsi prendere dalla paura di dover chiudere per sempre in un cassetto i propri sogni e le proprie aspirazioni ed immaginarsi impegnati in qualcosa di totalmente diverso e nuovo.

Uno dei problemi che hanno i giovani come tutti i disoccupati è la difficoltà di adattare le proprie aspettative, aspirazioni e capacità all’attuale condizione del mercato del lavoro. Questo non significa che dobbiamo accontentarci accettando senza diritto di recesso un lavoro al di sotto delle proprie competenze ma semplicemente di viverlo come un’opportunità oppure come un passaggio in attesa di tempi migliori.

Quel che non si deve fare è stare a casa se c’è l’opportunità di lavorare.

È vero che il lavoro deve essere congeniale alla personalità del soggetto, ai suoi interessi e alle sue attitudini, che una buona retribuzione contribuisce indubbiamente all’apprezzamento di una professione e che il lavoro deve offrire una possibilità di sviluppi futuri, sia in termini di carriera, sia in termini di concreta e continua applicabilità della creatività individuale ma più dura tale condizione di disoccupazione e più rischiano di scadere le motivazioni e di deteriorarsi le competenze, con l’esito di restringere le possibilità per i giovani di inserirsi con successo nel mercato del lavoro.

Chi non riesce a mettere in campo strategie di adattamento, anche accettando qualche compromesso al ribasso pur di non rimanere fermo e inoperoso, rischia di scivolare nella problematica categoria dei Neet (Not (engaged) in Education, Employment or Training).

Il must è “fare esperienza”, una qualsiasi esperienza che porti ad una sperimentazione e ad un maggior conoscenza di sé in attesa di tempi migliori. Nel far ciò oltre ad adattarsi alle condizioni che il mercato offre, possiamo sempre decidere di fare esperienza all’estero.

Infine non è da sottovalutare l’aiuto di un coach del lavoro, che sicuramente può darci un sostegno pratico, anche solo per capire in che modo è meglio muoversi!

dr.ssa Anna Carderi

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gen 22

Atrofia vulvo-vaginale

atrofia vulvo vaginalePrurito, bruciore, irritazione, gonfiore, cistiti frequenti, scarsa lubrificazione, sanguinamento e dolore durante i rapporti sessuali sono tutti sintomi distintivi dell’atrofia vulvo-vaginale. 

Una patologia dovuta al deficit di estrogeni quindi spesso associata all’avanzare dell’età, alla menopausa ma che può manifestarsi anche nel puerperio, durante l’allattamento al seno o essere l’effetto collaterale della terapia antitumorale o dei farmaci per la cura dell’endometriosi o instaurarsi a causa di alterazioni del ph, del frequente uso di antibiotici o per fattori costituzionali ed immunologici o per la presenza di lichen.

Per effetto di questa carenza di estrogeni  la vascolarizzazione della cute vulvo-vaginale diventa sottile e anelastica e quindi molto più vulnerabile a infezioni, traumi e a ogni minimo stimolo irritativo, meccanico o chimico che sia.

La scarsa lubrificazione che ne consegue provoca dolore durante i rapporti andando a minare la funzione sessuale sul piano del desiderio, dell’eccitazione, della capacità orgasmica e della soddisfazione.

Non solo! Può devastare il senso di femminilità e di erotismo della donna e compromettere lo stesso rapporto di coppia.

I disturbi associati, portano, infatti, la donna ad evitare i rapporti sessuali incidendo pesantemente sulla vita di coppia rompendo un equilibrio sessuale costruito e consolidato negli anni.

L’avversione ai rapporti a causa del dolore unita alla sensazione di rifiuto esperita dal partner possono evolvere in una vera e propria crisi di coppia e portare alla separazione.

Il partner infatti inconsapevole della reale serietà del problema, dopo l’ennesimo rifiuto, può vivere le ritrosie della compagna come scarso interesse e può arrivare a pensare che ella “esageri” la sua condizione al fine di evitare il rapporto sessuale non per un impedimento fisico come la dispareunia o il vaginismo e le frequenti cistiti o irritazioni associate all’atrofia vulvovaginale ma semplicemente perché non voglia avere rapporti sessuali con lui.

Se siete in questa condizione la cosa migliore da fare è parlarne al ginecologo!

I sintomi non solo non sono momentanei ma se non curati tendono a cronicizzarsi.

Oggi esistono sia strumenti obiettivi che consentono di definire la presenza e il livello di severità del problema, come il Vaginal Healt Index, sia trattamenti ormonali e non efficaci e risolutivi.

Esempi ne sono la terapia estrogenica per via sistemica (compresse, cerotti) e topica (creme, ovuli, gel vaginali) in grado di ripristinare il normale ph vaginale, ispessire e rivascolarizzare l’epitelio e aumentare la lubrificazione vaginale. Ma per chi preferisce una cura non ormonale esistono in commercio anche lubrificanti a base di d-mannosio e i trattamenti di tipo non ormonale come l’acido ialuronico e il laser vaginale.

Tutto ciò insieme ad un’igiene adeguata e non aggressiva e l’applicazione di gel locali a base di estrogeni naturali fin dai primi sintomi possono tenere alla larga l’atrofia vulvo-vaginale e garantire una vita di relazione serena a qualunque età.

Inoltre, si può intervenire sulla dispareunia e sul vaginismo anche con tecniche di rilassamento, tecniche mansionali proprie della terapia sessuologica (Esercizi di Kegel, esplorazione dei genitali, ecc) e tecniche ipnotiche. 

In tutti i casi in cui l’atrofia vulvo-vaginale ha avuto ripercussioni sul rapporto di coppia l’intervento sessuologico consente ad entrambi i membri della coppia di riappropriarsi della propria intimità sia affettiva sia sessuale ad iniziare dal condividere quelle paure e insicurezze al fine di ripristinare l’equilibrio.

dr.ssa Anna Carderi 

 

Dott.ssa Anna Carderi

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gen 20

ArteTerapia

arteterapiaCi sono sensazioni che le parole non riescono ad esprimere, sensazioni che rimangono imprigionate dentro di noi, che ci fanno stare male … pensieri che ci bloccano … emozioni che non riusciamo ad elaborare …

Un’interiorità silente che spesso lasciamo implodere dentro di noi perché non sappiamo dargli una forma.

Durante una crisi coniugale, un cambiamento di lavoro, nei casi di leggera depressioneansia o panico può essere utile liberare le proprie energie creative attraverso un percorso in un laboratorio artistico.

Le tecniche espressive sono utili per favorire una maggiore conoscenza di sé stessi nei momenti di cambiamento che capitano nella vita.

L’ArteTerapia aiuta a riappropriarsi proprio di quella parte di sé taciuta.

Così, pennelli e colori, ma non solo, diventano gli strumenti con cui esprimere, plasmare e dare una identità precisa al nostro problema e, attraverso l’aiuto del terapeuta, finalmente raggiungere una nuova visione di tale difficoltà, un’intuizione, un insight che ci avvicini alla risoluzione.
In questo contesto i canoni di bellezza non esistono, l’obiettivo non è “fare bene”, ciò che conta è la comprensione, l’accettazione di ciò che intendiamo comunicare con la nostra opera.

In questo modo, l’ArteTerapia, con le sue tecniche e i suoi materiali, favorisce la conoscenza di sé stessi e delle proprie potenzialità e rende possibile l’integrazione di tutte le risorse di cui disponiamo per poter vivere meglio.

In questo modo, lavorando sulla parte ‘sana’ della persona, l’ArteTerapia mira a rinforzare le sue risorse, mettendola nelle condizioni di capire quelli che sono i passaggi necessari per uscire dalla situazione in cui si trova e recuperare il suo benessere.

Come funziona?

Si procede per fasi. All’inizio c’è la sperimentazione di tutti i tipi di materiali, dalle tempere che lavorano più sulla sfera emotiva di una persona, ai materiali secchi tipo matite, sfera cognitiva, al collage che ha a che fare con l’immaginario, la scultura. Una volta individuato un mezzo privilegiato viene strutturata la fase successiva di trattamento.

Non viene mai assegnato un soggetto, chi è impegnato in un percorso di ArteTerapia deve far emergere dei contenuti personali a cui dare forma al fine di trovare il proprio equilibrio psicofisico.

In questo modo l’ArteTerapia non solo agevola la guarigione ma, soprattutto, promuove il benessere migliorando la qualità della propria vita nelle persone con disturbi d’ansia e di panico, depressivi, sessuali e legati alla rielaborazione di lutti e traumi.

Per queste sue peculiarità l’ArteTerapia consente di lavorare con una vasta tipologia di clienti. Si può proporre a bambini, adolescenti e adulti, persone con handicap psichico, con disturbi emotivi e comportamentali.

dr.ssa Anna Carderi

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gen 05

Le parafilie sessuali

parafilie

Prima di affrontare il tema delle perversioni sessuali vi invito a riflettere sul fatto che scenari perversi possono essere presenti in ognuno di noi senza dover necessariamente sconfinare in comportamenti sessuali inadeguati o aberranti o essere categorizzati come tali.

Lo stesso Freud osservava come elementi di perversione esistono nella sessualità delle persone e persino nel bambino tanto da meritarsi l’appellativo di perverso polimorfo.

Esistono una vasta gamma di comportamenti che rientrano nella normalità ma che semplicemente si discostano dagli standard culturali dominanti di tipo sociale, familiare e religioso.

La sessuologia più recente ha dimostrato che non esiste un confine netto tra normalità e perversione e che quest’ultima va intesa come fenomeno sociale e non meramente clinico. È ormai superata la concezione freudiana secondo cui la focalizzazione della libido su zone extragenitali era da considerarsi perversa.

L’attività sessuale normale include una serie di variazioni extragenitali che sono espressione di componenti pregenitali: a rigore, anche il desiderio di baciare è connesso all’attività di una zona erogena non genitale, così come il desiderio di guardare il corpo del partner; sono comuni anche l’erotizzazione di regioni del corpo non genitali e le tendenze parziali; ma la sessualità normale integra questi bisogni e li usa, in definitiva, a favore della relazione e della specie.

Nei soggetti parafilici, invece, l’investimento genitale è rifuggito perché eccessivamente temuto.

In sostanza, non è la pratica perversa in sé a giustificare una diagnosi di parafilia: quando essa viene espressa in funzione della relazione oggettuale, in accordo col partner secondo il principio della convenienza, inteso come ciò che è gradito ad entrambi, allora non è possibile parlare di parafilia, anzi, la pratica perversa può avere una funzione che consolida la relazione e crea l’intimità, più che evitarla.

In definitiva, le parafilie sono distorsioni di componenti che sono a loro volta parte integrante del comportamento sessuale normale; ciò che le rende distorte è che non sono espresse in funzione della relazione, ma servono ad evitarla.

L’unico parametro attendibile per misurare il fenomeno da un punto di vista clinico e transculturale è il grado di soddisfacimento. Lo stesso Borneman sosteneva che un comportamento è definibile come perversione quando non può essere mai soddisfatto.

Sono d’accordo con L. J. Kaplan nell’affermare che le perversioni non sono correlate al desiderio erotico ma al modo in cui l’eccitamento sessuale è impiegato per regolare il desiderio, le relazioni d’oggetto, le identificazioni di ruolo e di genere, l’aggressività, la vergogna, l’ansia e il senso di colpa.

Accanto alle difficoltà di stabilire il passaggio sfumato tra parafilie e comportamento sessuale normale, esistono altri punti controversi che riguardano la stessa eziologia delle perversioni.

Nell’insieme, nella genesi delle parafilie siamo ancora molto lontani dall’individuare un fattore causale definito; allo stato attuale, l’ipotesi eziopatogenetica più ampia e prudente considera centrale l’influenza combinata della biologia, dell’ambiente, e dello sviluppo sintetico-integrativo della mente, ma le vere ragioni del comportamento perverso rimangono oscure, quasi a ricordare che, in campo sessuale più che in altri ambiti, il comportamento umano è molto più della somma di biologia ed esperienza.

In conclusione possiamo affermare che le parafilie si situano in un continuo tra norma e patologia e nella clinica è utile valutare, accanto ai criteri diagnostici, tutta una serie di variabili che riguardano fondamentalmente la capacità di relazionarsi con l’oggetto.

Questo tipo di concezione più ampia rispetto agli inquadramenti nosografici può essere utile al clinico per evitare il rischio di medicalizzare le varianti del rapporto sessuale, considerando tout court patologica ogni pratica al di fuori del coito e, sostanzialmente, per evitare di imporre al paziente un modello di vita sessuale artificioso.

    dr.ssa Anna Carderi

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gen 04

Stare bene in coppia

coppiaEterosessuale, omosessuale o transessuale, fertile o sterile, cementata dall’amore o dall’odio, fugace o perenne, fedele o infedele … la coppia … è un archetipo onnipresente in tutti noi, compresi i singles, dove vive nelle fantasie del mondo intero o nella frammentazione della promiscuità.

Ciò che lega due persone è il pensare che l’altro è e sarà fonte di piacere.

Tale convinzione, unita alla disponibilità sessuale, a lungo termine aumenta la resilienza emozionale e determina  la creazione di un legame di coppia stabile. Perché è con lui/lei, e solo con lui/lei che vogliamo crescere, realizzare il nostro progetto di vita e invecchiare insieme.

La coppia diventa così luogo di scambio di aiuto, di piacere e fonte di creatività e crescita personale.
Una coppia felice è una coppia in cui i due partner si scambiano e offrono vicendevolmente molte cose piacevoli e poche cose spiacevoli.

Quando la coppia esce dal compito seduttivo e entra nella stabilità del legame può accadere che si verifichi una censura rispetto all’erotismo per cui diventano difficili le libertà sessuali, la creatività, la seduzione erotica, il prendere l’iniziativa.

Inoltre, vivere la sessualità come dovere, come paura di perdere il rapporto, come rottura dell’armonia fisica, finisce per determinare un cattivo tono dell’umore e una serie di resistenze, evitamenti  della vicinanza e anche dell’affettività. Si nutrono sentimenti difficili come la rabbia, l’aggressività verbale, le esplosioni di conflitti, contrasti che nascono dalla sensazione di non essere capiti e amati.

Seppur prevale il bisogno di unione, ci sentiamo confusi e in bilico tra la voglia di restare e quella di andare!

Tensioni, paure, riflessioni la fanno da padrone e ciò che prima era certo, come la voglia e il desiderio di stare insieme, adesso diventa incerto.

Nascono così i primi conflitti e le prime incomprensioni, ci si allontana sempre di più, poi piano piano il desiderio che abbiamo dell’altro si assopisce e possono insorgere problemi sessuali come può verificarsi uno spostamento verso comportamenti trasgressivi, sesso dipendenti, perversi o ossessivi.

La sessualità che prima ci avvicinava e ci consentiva di conoscere l’altro e riconoscersi nell’altro ora fa scattare reazioni di difesa e di rabbia. E il sesso passa dall’essere una occasione di intimità e crescita all’essere occasione di scontro.

In questo panorama, la coppia sopravvive quando raggiunge un accordo su come essere in disaccordo.

I conflitti, infatti, in una copia non sono inevitabili è il modo di affrontarli che fa la differenza.

Ma come superare il conflitto e stare bene in coppia??

La coppia che arriva in terapia è una coppia che ha perso la propria intesa e il proprio equilibrio andando in crisi.

È inevitabile che superate le fasi iniziali di una relazione dove tutti noi tendiamo a fare bella figura, a mostrare la parte “migliore” e più accettabile di sé, presto o tardi anche i limiti e i difetti  della nostra personalità emergeranno.

La gestione delle differenze fra i partner, ignorate nella fase di innamoramento, ma che emergono prepotentemente nel corso degli anni, costituiscono il vero banco prova della solidità della coppia. Una volta scoperte le differenze (nei gusti, nei desideri sessuali, nella quotidianità, nel tempo libero) ogni coppia prova inconsapevolmente a trovare un’originale soluzione di compromesso, che in certi casi si fonda sull’enfatizzazione dell’autonomia personale, in altri sulla necessità della condivisione.

La relazione di coppia oggi non si limita più alla famiglia e alla procreazione, e non si esaurisce neppure nella sessualità e nei sentimenti, ma mette in gioco molte altre dimensioni che portano inevitabilmente ad un confronto di personalità e di mentalità che può evolvere sia nella crescita sia nello scontro, più spesso entrambi.

Se manca una reciproca capacità di comunicare (e quasi sempre manca) e viene meno la negoziazione, inevitabilmente le prime incomprensioni, le prime delusioni, i primi conflitti, vanno ad accentuarsi fino a portare alla crisi.

In questa fase, l’intervento psico-sessuologico consente ad entrambi i membri della coppia di effettuare una scelta valoriale dell’altro basata sul godere di ciò che l’altro offre di positivo e sul valorizzare la relazione.

La natura trasformativa di un siffatto intervento è data principalmente da tre fattori: conoscere l’altro, conoscere se stesso nell’altro, cioè le proprie parti proiettate nell’altro, conoscere se stesso attraverso l’immagine che l’altro ci rimanda di noi.

Tutto ciò consente di operare in modo funzionale verso la risoluzione dei conflitti soggiacenti in modo da aiutare la coppia ad andare d’amore e d’accordo.

dr.ssa Anna Carderi

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gen 04

Come avviene l’eiaculazione

come avviene l'eiaculazioneL’eiaculazione rappresenta l’azione neuromuscolare più complessa dell’intero atto sessuale a cui partecipa il sistema nervoso centrale e periferico nonché una intensa componente psico-emotiva.

Il meccanismo dell’eiaculazione è composto principalmente da tre fasi.

La prima fase è costituita da un progressivo incremento delle secrezioni della ghiandola prostatica e vescicole seminali (fase dipendente dal sistema nervoso parasimpatico).

La seconda fase è caratterizzata dell’emissione, sicuramente quella più complessa, ed è caratterizzata dall’accelerazione del transito degli spermatozoi lungo il deferente e dalle potenti contrazioni peristaltiche della muscolatura liscia dei deferenti stessi, delle ampolle deferenziali, delle vescicole seminali e degli acini della ghiandola prostatica che provocano l’emissione del liquido seminale nell’uretra posteriore. In questa fase il liquido seminale rimane intrappolato nell’uretra prostatica tra lo sfintere striato dell’uretra ed il collo vescicale e aumenta di pressione.

Nella terza le contrazioni ritmiche e ben coordinate dei muscoli ischio e bulbo cavernoso, del pavimento pelvico aumentano ancora la pressione del liquido seminale all’interno dell’uretra. Il contemporaneo rilasciamento del muscolo sfintero esterno dell’uretra, mentre rimane chiuso il collo vescicale determina l’espulsione del liquido seminale all’esterno.

Nonostante si conoscano i meccanismi neurologici e meccanici dell’eiaculazione a tutt’oggi mancano terapie farmacologiche specifiche ed efficaci per il trattamento dei disturbi sessuali ad essa connessi (eiaculazione precoce, eiaculazione ritardata e impossibile).

Spesso la terapia elettiva una volta escluse patologie organiche urologiche o neurologiche è quella psico-sessuologica che si avvale dell’impiego di alcune tecniche comportamentali come quelle della compressione del glande e dello “stop and start”.

dr.ssa Anna Carderi

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dic 06

Caro Babbo Natale, per quest’anno vorrei …

regali di nataleIl Natale si avvicina e come ogni anno ci troviamo ad affrontare la difficile scelta del regalo da fare a parenti e amici ma soprattutto ai nostri amati figli.

Vorremmo regalare loro proprio quello che desiderano senza deluderli.

È difficile districarsi nella giungla dei giocattoli, ce ne sono veramente tanti e per tutti i gusti, da quelli che stimolano l’intelligenza logico-razionale a quelli alla moda o proposti dalla televisione.

Ecco alcuni consigli su come scegliere il regalo di Natale per nostro figlio.

Partiamo dal presupposto che, al di là dei giochi, i bambini hanno bisogno di giocare, di condividere un’esperienza che accenda la loro fantasia e  creatività.

Quindi prediligiamo giocattoli che si prestino a diversi utilizzi e trasformazioni, che stuzzichino la fantasia del bambino e la sua voglia di sperimentare. Via libera a regali come costruzioni, peluche e bambole, mentre non esageriamo con i giocattoli ‘intelligenti’ perché tolgono al bambino il gusto di giocare.

Immancabile il regalo ‘alla moda’ o quello tanto desiderato e, man mano che il bambino cresce, favoriamo giochi che possa condividere anche con gli altri.

Cogliamo l’occasione del Natale coinvolgendo i nostri piccoli nell’acquisto dei regali solidali in modo da sensibilizzarli verso chi è meno fortunato.

Un’idea utile può essere anche quella di coinvolgerli nella cernita di quei giochi che ormai non usano più per poi portarli insieme negli asili o nelle Caritas.

E se la scelta di nostro figlio cade su un gioco virtuale violento?

Non demonizziamo la loro scelta. L’aggressività è una componente dell’equipaggiamento emozionale umano e respingerla può rendere più difficile per il bambino imparare a governarla.

Piuttosto evitate di regalare animali, non sono giocattoli. Prima di cedere alla richiesta del nostro bimbo dobbiamo tener conto dell’impegno reale che esso comporta. Avere un animale per “amico” è di innegabile aiuto per lo sviluppo dei nostri figli ma la decisione non deve essere dettata dall’euforia di voler assecondare un capriccio che durerà da Natale a Santo Stefano.

Infine ricordiamoci che il dono più grande che si possa offrire ai figli è il nostro tempo!

 Dr.ssa Anna Carderi

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dic 06

Il risvolto della sindrome di Samo: bugchasing e HIV.

sindrome di samo e bugchasingMentre impazzano le campagne di tutela dall’HIV, il mondo si divide tra chi “ingenuamente”adotta comportamenti sessuali a rischio e chi si tutela usando il preservativo ed evitando rapporti con partner occasionali; tra chi è vittima inconsapevole (100/150mila casi) e chi lo contrae consapevolmente. Consapevolmente?

Già, avete capito bene!

Il contagio non sempre viene visto come pericoloso ma anzi da alcuni è proprio agognato.

Si tratta dei bugchasers, persone che hanno volutamente rapporti sessuali non protetti con persone sieropositive disponibili a trasmettere il virus dell’HIV (gift givers).

Il bugchasing altro non è che il risvolto gergale della sindrome di Samo.

All’apparenza l’obbiettivo del farsi contagiare è quello di poter poi vivere a pieno il sesso senza bisogno di pensare al preservativo e godere così di quell’intimità fisica compromessa dall’uso di pratiche cautelative anti-contagio.

In realtà i bugchasers  soffrono di un grave disagio psicologico di tipo ossessivo con tendenze eroico-suicide tale da coinvolgere e compromettere l’area affettiva, sessuale e relazionale.

Da una parte, la persona è mentalmente e fisicamente attratta proprio dal fatto che il partner è gravemente malato, dall’altra il desiderio della malattia è talmente forte da indurla alla ricerca, quasi spasmodica, di un partner sieropositivo.

Questo fenomeno è frequente soprattutto nelle coppie discordanti in cui, cioè, solo uno dei partner è sieropositivo. Qui il contagio viene giustificato come l’unico modo per tenere insieme la coppia e dimostrare il proprio amore all’altro anche a costo di sacrificare la propria vita.

In realtà ciò che è amato è la malattia e non il malato!

In entrambi i casi la storia di queste persone è intrisa di violenze, deprivazioni, e abbandoni subiti nell’infanzia.

È innegabile che il piacere e la scarica d’adrenalina che deriva da un atto così estremo rappresenta un pericolo evidente sia individuale, esponendo i giftgivers al rischio del contagio e i bugchasers  al rischio di acquisire un’infezione da HIV secondaria che complichi ulteriormente le loro condizioni, sia sociale,  promuovendo la possibile diffusione dell’HIV e di altre patologie sessualmente trasmissibili (MST).

Usa la testa mentre fai sesso. Usa il profilattico … SEMPRE!

Dr.ssa Anna Carderi

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nov 01

Quando studiare lontano da casa aumenta il rischio di obesità nei ragazzi.

pendolari obesiLo sapevate che i pendolari sono soggetti al sovrappeso?

Proprio così!

Che si viaggi per motivi di lavoro o di studio, mediamente, ogni 16 chilometri percorsi sulla tratta casa-lavoro/scuola, l’indice di massa corporea cresce di 0,17 punti, con impatti significativi sul peso. Se la distanza è maggiore, il rischio di andare incontro a obesità sale addirittura del 10 per cento.

Il motivo è da rintracciare nelle levatacce mattutine (dormire poco fa ingrassare), nel poco tempo a disposizione per effettuare una regolare attività fisica e negli spuntini non proprio salutari consumati durante il viaggio.

Pensiamoci per un attimo!

La tratta casa-scuola-casa spesso sottopone i nostri ragazzi a ritmi di alimentazione incongrui.

La tipica giornata alimentare di nostro figlio pressappoco inizia con una colazione assente e, una volta fuori casa, prosegue con spuntini o merende molto ricche di grassi. Poi, nell’attesa del bus o del treno che lo riporti a casa, spizzica o mangia cibo spazzatura come pizza, hamburger e patatine e spesso e volentieri tornato a casa pranza per la seconda volta.

Il risultato?

Alla fine dell’anno scolastico avremo un figlio obeso.

Quindi, care mamme, se vogliamo evitare ciò dobbiamo fare più attenzione e magari adottare delle precauzioni salva dieta.

Come?

Educhiamolo ad assumere uno stile di vita sano basato su una corretta alimentazione e su un’adeguata attività motoria.

Anziché costruire un ambiente obesogeno intorno a nostro figlio cerchiamo fin da quando è piccolo di:

  • Incentivare l’attività fisica e renderlo più libero di muoversi e d’incontrarsi con i compagni;
  • Non spingerlo a vuotare il piatto;
  • Contrattare le occasioni in cui certe golosità sono permesse;
  • Non avere scorte di cose buone come merendine, bibite gassate etc., soprattutto se il bambino rimane solo in casa;
  • Evitare cibo davanti alla televisione.

Ricordiamoci che un bambino e un ragazzo obeso … ha poca autostima … ha scarso rendimento scolastico

… non partecipa ad attività con i coetanei con conseguente emarginazione per diversità.

Infine, non si può pretendere che il bambino cominci a mangiare in modo sufficientemente corretto se noi genitori non diamo il buon esempio.

dr.ssa Anna Carderi

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ott 09

Bambini obesi: cosa dire e non dire

obesitàSi definisce obeso, un bambino il cui peso supera il 20%  di quello ideale per la statura.

Se il peso supera il 10%-20%, il bambino è in “sovrappeso”.

È innegabile che l’obesità come lo stesso sovrappeso abbiano ripercussioni sulla salute psicofisica del bambino.

Nonostante ciò c’è attorno all’obesità una profonda ignoranza fatta di preconcetti che partono da una fonte ben precisa che considera l’obesità non una malattia ma un valore estetico per cui … il peso non è percepito come un valore di salute ma come un valore d’interazione sociale.

Ancora oggi molti genitori considerano il cibo un simbolo di sicurezza e serenità che unitamente ad una percezione errata del peso del proprio figlio li porta a sottovalutare il problema.

I genitori non identificano i chili in eccesso come un problema, anzi, soprattutto quando i figli sono piccoli, credono che la “ciccia” sia segno di una crescita sana.

Ipernutrire il nostro bambino non ci fa di certo essere genitori più validi, anzi!

Spesso siamo proprio noi genitori ad alimentare l’obesità di nostro figlio.

Atteggiamenti  come fargli una lavata di testa rispetto al suo peso o frasi che esprimano il concetto che in lui c’è qualcosa di negativo come “non parlare, mangia!”, “devi finire tutto”,  vietare in modo assoluto un pacchetto di patatine fritte, un gelato, un hamburger o una fetta di pane con la nutella o associare il cibo ad una sorta di premio “Se fai il bravo ti compro le patatine fritte!“ o “se mangi tutto la mamma è contenta” possono avere un effetto boomerang e indurre i bambini a mangiare di più.

Anziché costruire un ambiente obesogeno intorno a nostro figlio cerchiamo di:

  • Incentivare l’attività fisica e renderlo più libero di muoversi e d’incontrarsi con i compagni;
  • Non spingerlo a vuotare il piatto;
  • Contrattare le occasioni in cui certe golosità sono permesse;
  • Non avere scorte di cose buone in casa che possano essere saccheggiate come merendine, bibite gassate etc., soprattutto se il bambino rimane solo in casa;
  • Evitare cibo davanti alla televisione;

Non chiediamo a nostro figlio di dimagrire ma educhiamolo ad assumere uno stile di vita sano che significa corretta alimentazione ed adeguata attività motoria. Questa diversa prospettiva ci permette anche una vera prevenzione.

Infine, non si può pretendere che il bambino cominci a mangiare in modo sufficientemente corretto da consentirgli di raggiungere il peso ideale se i genitori non danno il buon esempio.

 Dr.ssa Anna Carderi

 

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set 15

10 regole per una buona sessualità negli adolescenti … e non solo!

psicologo romaFalse aspettative, incorretti atteggiamenti, inadeguate relazioni con il partner, errate consapevolezze sul proprio corpo, disinformazione, fattori di inesperienza legati all’età uniti a contraddizioni di ruolo, aspettative opposte per il comportamento dei giovani – da una parte il punto di vista parentale, con le sue richieste di dipendenza e di astinenza, dall’altra il punto di vista dei coetanei che spinge all’indipendenza e all’attività sessuale – possono rappresentare dei cofattore nell’insorgenza delle disfunzioni sessuali.

 

Ecco dunque un decalogo di regole da seguire per una sessualità responsabile e piena.

1) Usa il profilattico … SEMPRE! Non dimenticare di usare la testa mentre fai sesso. Un adolescente su tre soffre di malattie sessualmente trasmissibili!

2) Adotta un sano comportamento sessuale basato sul rispetto verso se stessi e verso gli altri e sulla contraccezione.

3) Se hai una defaillance (a livello di erezione o eiaculazione) sdrammatizza!! Può capitare anche alla tua età. Il rischio altrimenti è di entrare in un circolo vizioso in cui il solo pensiero di non farcela nuovamente mina la riuscita dei tuo successivi rapporti sessuali.

4) NO PANIC, non è un esame! La sessualità è gioco, comunicazione, fantasia. Non aver paura di sbagliare né tanto meno di non essere in grado di fare del buon sesso o di soddisfare l’altro.

5) Conosci e abbi cura del tuo corpo. Scopri le tue e le sue parti erogene, conoscerle ti consente di avere una buona sessualità.

6) Migliora e accresci il tuo rapporto con il partner: l’ascolto, la condivisione, il confronto e l’aiuto reciproco sono ulteriori fonti di benessere che agiscono positivamente sulla salute sessuale della coppia.

7) Vivi in modo consapevole la tua sessualità. Capisci quali sono i tuoi desideri, goditi le emozioni e i momenti di serenità.

8)Non forzare troppo i tempi, ma lascia che gli eventi succedano in modo del tutto spontaneo.

9) Sii comprensiva/o e soprattutto paziente. Non esprimere commenti negativi sul suo modo di fare l’amore, sulle sue dimensioni, quando si verifica una defaillance o quando lui/lei si lascia andare ad una confessione o ad una richiesta particolare. Mai, ma proprio mai, ridere!

10) Concediti il tempo per i preliminari.

Dr.ssa Anna Carderi

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set 08

Eiaculazione ritardata

psicologo romaLa persona pur mantenendo un’intatta capacità erettile e un desiderio sessuale integro, non è in grado di eiaculare nel coito o durante altre attività sessuali nonostante una stimolazione lunga e adeguata.

Chi soffre di questo disturbo può impiegare oltre un’ora a raggiungere l’orgasmo (Montorsi et al., 2002).

Sembra prevalentemente un disturbo di natura psichica, anche se le droghe psicolettiche, gli antidepressivi, i barbiturici, possono influenzare il riflesso eiaculatorio.

L’incidenza dell’eiaculazione ritardata è notevolmente inferiore rispetto alle percentuali relative all’impotenza e all’eiaculazione precoce, e pare essere più frequente fra i soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo e fra coloro che hanno avuto un’educazione sessuale severa.

Quali sono le cause?

Diverse condizioni cliniche, oltre l’età avanzata, possono essere causa di eiaculazione ritardata, ad esempio farmaci (sedativi, neurolettici, bloccanti gangliari, antidepressivi, bloccanti alfa adrenergici, ecc.), malattie neurologiche (tumori, sclerosi multipla, parkinsonismo, traumi, diabete, alcolismo, uremia, ecc.).

Possibili concause a livello psicologico possono essere, la paura del concepimento e delle responsabilità o conflitti più superficiali come l’ansia da prestazione dovuta alla paura di non essere all’altezza, di non riuscire a soddisfare la partner.

Per Abraham (1967), infatti, l’eiaculazione ritardata esprime uno stato ansioso legato alla perdita dello sperma, alla paura inconscia di smarrire una parte di sé, o alla paura della morte. La tendenza a ritenere il seme poi, in origine di tipo sadico-anale, ostacola il raggiungimento dell’orgasmo.

In chi soffre di eiaculazione ritardata spesso leccitazione si esprime solo a livello fisiologico ma non erotico. Ciò in parte è dovuto al fatto che questo uomo più che sulle sue sensazioni erotiche tende a focalizzarsi prettamente sulla soddisfazione sessuale della partner.                                                                                                                   Pensare all’orgasmo distrae dal qui ed ora, dalla magia delle sensazioni, del viaggio dell’eccitazione, dai singoli movimenti del corpo.                                                                                                                                                 Conseguentemente, la capacità di lasciarsi trasportare dalle emozioni e dal piacere viene inevitabilmente impedita.

Dall’altra l’eiaculazione viene vissuta come una richiesta obbligata di performance che lo distrae dai propri bisogni, incentivando l’inibizione.

Infine, c’è una carente capacità di giocare e lasciarsi andare durante il rapporto sessuale, che viene sperimentato non tanto come piacere quanto piuttosto come un dovere.

La terapia consiste nell’incoraggiare la costruzione di fantasie di coppia, sostenendo il paziente nello sviluppo della capacità di riconoscere le proprie sensazioni corporee anche al di fuori della sessualità.

Attraverso la messa in pratica di mansioni sessuali specifiche si facilita nella persona la progressiva e graduale acquisizione delle capacità di beneficiare dell’appagamento psicologico e fisico al fine di vivere le proprie emozioni, eliminare i condizionamenti negativi mentali e inibire il controllo sul corpo in modo da facilitare il rilassamento e il raggiungimento stesso dell’orgasmo.

A tal fine utili risultano le tecniche di rilassamento come il training autogeno e quelle psicoimmaginative.

L’ipnosi, unitamente alle strategie mansionali tipiche dell sex therapy, è volta a migliorare l’atteggiamento sessuale all’inizio del coito, la ricezione delle proprie reazioni sessuali e l’accettazione del piacere derivante dal rapporto sessuale.

Dr.ssa Anna Carderi

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set 07

Fare il bene fa bene! Come insegnare la solidarietà ai bambini.

psicologo roma In una società fortemente individualista come la nostra, trasmettere ai nostri figli valori fondamentali come la solidarietà, la volontà di aiutare gli altri e di non pensare solo ai propri bisogni equivale ad allargare i loro orizzonti e a fargli comprendere che essere poveri non è né una colpa né tantomeno un reato e che la vita può essere fatta anche di momenti difficili, nei quali, la fortuna è avere qualcuno che ti vuole bene e si prende cura di te.

Insegnare ai bambini e ai ragazzi a essere parte concreta di un nuovo modello di società, in cui piccoli gesti come donare i propri giocattoli alla Caritas, o non sprecare l’acqua e il cibo, sono gesti che possono fare la differenza e rappresentare un importante aiuto per i meno fortunati, non è cosa facile!

Non si può parlare di volontariato senza dare concretezza all’altruismo. Per comprendere la validità di azioni in aiuto a chi ha bisogno, i nostri figli necessitano di respirare e vivere la solidarietà insita in gesti concreti.

Ricordiamoci che i bambini imparano dai modelli che hanno di fronte.

È imitando i genitori, più che in ogni altro modo, che imparano a fare lo stesso con gli altri.

Quindi siamo i primi a dover offrire l’esempio da seguire … ad iniziare dai piccoli gesti quotidiani.

Aiutiamoli a imparare la solidarietà cedendo noi per primi il posto sul tram.

Insegniamo loro la condivisione e, ad esempio, se stiamo mangiando qualcosa offriamone una parte al bambino invitandolo a fare lo stesso.

Anche nel gioco, invitate i bambini a divertirsi insieme anziché accapigliarsi per un giocattolo che vogliono tutti e che alla fine nessuno otterrà.

Sensibilizziamo i bambini alla solidarietà attraverso video e foto, cartine geografiche, canti popolari, favole e racconti di Paesi lontani.

Conoscere e renderli consapevoli di come vivono i loro coetanei nei Paesi più poveri fa crescere nei giovani la voglia di solidarietà.

Infine, poiché tutti noi tendiamo a ripetere quei comportamenti che sono stati oggetto di elogio, quando condivide applaudiamo, con un sorriso e un incoraggiamento, il suo gesto dimostrandogli che ha fatto bene e che apprezziamo il suo comportamento.

Il tutto affinché imparino a comprendere che fare il bene fa bene!

Dr.ssa Anna Carderi

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set 06

Devotismo: l’attrazione sessuale per i disabili.

devotee e disabilitàNel devotismo, sessualità e disabilità non solo sono congiunte, ma anzi è la disabilità a diventare il punto centrale dell’investimento erotico.

L’interesse, quindi, è indirizzato esclusivamente verso la parte amputata o la disabilità o, come nell’abasophilia, per gli ausili come le carrozzine, i gessi, le protesi, etc., e solo raramente verso la persona e le sue qualità umane.

Nello specifico “Devotismo” è la traduzione culturale della categoria diagnostica “acrotomophilia,” di cui parla John Money negli anni ’80.

Ma chi è il devoto?

Il devoto è caratterizzato da ricorrenti e intensi impulsi, fantasie, o comportamenti sessuali che implicano ausili e menomazioni. Spesso è compromessa l’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento e la capacità di un’intimità emotiva e sessuale affettuosa e reciproca con un partner è generalmente compromessa o inesistente.

Questo tipo di parafilia si avvicina al feticismo, come pulsione sessuale diretta verso un oggetto inanimato.

Come nel feticismo, l’oggetto è indispensabile e imprescindibile per l’eccitamento e l’attività sessuale, che comunque tende ad evitare la relazione intima col partner. Le sue condotte sessuali sono ego sintoniche, ossia il soggetto ha un assoluto bisogno delle pratiche o fantasie sessuali e le giustifica come normali.

Nel caso specifico il devoto rende erotico non uno stivale ma gli ausili di cui il disabile si serve o per l’arto menomato.

Sono persone all’apparenza normalissime …  in molti casi hanno una loro famiglia, hanno dei figli, una moglie che non presenta nessuna disabilità e che però girano su facebook, su internet, in cerca di una ragazza disabile.

Una ricerca questa che può assumere connotazioni di tipo ossessivo.

Molti, infatti, credono che la loro vita sarà completa solo se trovano una donna con una mano mancante, braccio, gambe, ecc. Le loro fissazioni, inoltre, possono essere molto specifiche come “una donna con il braccio destro mancante sotto il gomito” o “donna con due gambe mancanti “.

È questo livello di oggettivazione che indica la natura ossessiva della loro ricerca.

La ricerca della disabilità diventa così grande che domina la vita quotidiana di un individuo.

Molti devoti hanno ampie raccolte costituite in tanti anni di ricerca in librerie, negozi di video. Alcuni devoti per soddisfare il loro bisogno ripiegano sull’ES o chirurgia elettronica che consente di  modificare elettronicamente immagini di persone non disabili, anche Vip, aggiungere loro una disabilità.

Parte di questa sete di vedere, sentire ed entrare in contatto con donne disabili aumenta col passare dei giorni e può assumere le caratteristiche di un vero e proprio bisogno, una sete che può essere saziata solamente con la ricerca e che in casi limiti può evolvere in una caccia al trofeo e sfociare nello stalking.

Inoltre i devoti per sedare la loro ossessione svolgono attività di volontariato o di lavoro dove il contatto con persone disabili è assicurato, per esempio, come protesisti, tecnici ortopedici e, eventualmente, come personali assistenti di cura; non a caso è proprio l’esercizio di assistenza sessuale ad aver messo in evidenza l’esistenza dei devotee.

Dr.ssa Anna Carderi

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set 06

Stop al bullismo

bullismoII bullismo è un’azione di prepotenza, ripetuta nel tempo, messa in atto da un soggetto più forte nei confronti di uno più debole, che non riesce a difendersi.

Nonostante il problema sia da molti sottovalutato il bullismo produce effetti che si protraggono nel tempo e comportano dei rischi evolutivi tanto per chi agisce quanto per chi subisce prepotenze.

La serietà degli effetti provocati dal bullismo e la frequenza con cui si verificano episodi di prepotenza tra i ragazzi rendono doverosa una riflessione da parte degli adulti impegnati in ambito educativo e giustificano la necessità di interventi di prevenzione.

Le forme di bullismo sono le manifestazioni di un problema che può essere affrontato e risolto insegnando ai ragazzi le abilità necessarie per riconoscere, accettare e comunicare le proprie e altrui emozioni.

L’acquisizione di competenze sociali e di strumenti di comunicazione adeguati, sia verbali sia non verbali, può ridurre l’aggressività e la passività, comportamenti presenti nel fenomeno in modo complementare e intrecciato.

Bisogna educare i ragazzi a riconoscere le proprie emozioni e a comunicarli, infatti, consente di sviluppare in essi quelle abilità di controllo di emozioni forti come la rabbia.

Tali competenze possono essere intese come le componenti operative dell’abilità a saper fare fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita quotidiana (problem-solving) e costituiscono il patrimonio attraverso il quale le persone mantengono una condizione di benessere (sociale e psichico) e mettono in atto comportamenti positivi e adattivi nell’interazione con gli altri, con la cultura e con l’ambiente di appartenenza.

Inoltre, l’obiettivo degli interventi preventivi è anche quello di promuovere lo sviluppo delle competenze riflessive e familiari e psico-sociali degli insegnanti e dei genitori, necessarie per riconoscere l’humus in cui vittime e bulli sviluppano le terribili dinamiche.

Da qui la necessità di promuovere uno spazio fattivo che aiuti a potenziare negli insegnanti e nei genitori competenze che consentano all’adulto di affrontare e contrastare il bullismo e tutti quei disturbi legati alle difficoltà di relazione.

Spazio, questo che si esplica attraverso l’opera di un counselling psicologico di stampo strategico breve centrato sulla risoluzione dei problemi tipica della problem solving therapy.

Dr.ssa Anna Carderi

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giu 21

Amici dal mondo. Come favorire l’integrazione sociale nei bambini.

integrazioneIn un Paese sempre più multiculturale, il fenomeno migratorio, invece che rappresentare un’opportunità di arricchimento, troppo spesso impatta con una cultura di appartenenza che, lungi dal sostenere un’educazione improntata ai valori della pro socialità, del rispetto e dell’accettazione della persona straniera, favorisce un tipo di pensiero razziale che si oppone alla conoscenza dell’altro.

Tale chiusura allo straniero, alimenta un clima di paura e sospetto che i nostri figli inevitabilmente respirano condizionandone irrimediabilmente la crescita sia individuale sia sociale.

Come potrà mai crescere un bimbo a cui è stato inculcato il concetto di  “evitare i negri per vivere bene”?

Probabilmente crescerà in un clima di precarietà e insicurezza sociale, con la percezione, per lui e i propri cari, di un pericolo imminente. Vivere in un clima di pericolo può far passare il bambino da un naturale stato di apertura all’altro ad uno di chiusura e sfociare in atteggiamenti aggressivi e discriminatori verso i coetanei stranieri, che nel tempo possono evolvere in fenomeni di vera e propria violenza  xenofoba.

Per un sano sviluppo della personalità dei nostri figli ogni genitore dovrebbe portare l’attenzione più che alle differenze di pelle, religione, nazione, etc., alla condivisione delle differenti culture e alla valutazione dei vantaggi che possono nascere dalla convivenza con persone di diversa etnia.

Promuovere la sensibilizzazione all’integrazione interculturale e ai valori del rispetto delle diversità in un’ottica di educazione alla solidarietà che valorizzi lo scambio costruttivo di esperienze comparando, ad esempio, la nostra cultura e quella degli altri popoli, attraverso la conoscenza di tradizioni, usi, cibi, costumi e stili di vita diversi, porta all’arricchimento di quei valori che accompagneranno i nostri figli per tutta la vita.

In questa ottica l’integrazione diventa lo strumento chiave per la crescita individuale, per lo sviluppo di un senso di appartenenza e di abilità sociali e personali complesse, che permettano di “vivere bene con sé e con gli altri” e che preservino dall’insorgere di comportamenti devianti, di disagio e di disadattamento sociale.

Ricordiamoci che promuovere nei propri figli idee libere dal razzismo equivale a promuovere in loro la libertà di essere se stessi e di trovare spazio in una società sempre più multietnica anziché esserne emarginati.

 

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giu 21

Effetto dei cannabinoidi sulla sessualità

effetto cannabis sul comportamento sessualeSotto tale dicitura sono inseriti tutti i derivati della canapa indiana: marijuana, hashish e olio di hashish in tutte le loro varianti. Questi contengono svariati principi attivi tra cui il principale è il tetraidrocannabinolo (-9-THC).

L’attrazione esercitata da tali sostanze sui soggetti risiede nella sua capacità di intensificare le relazioni con gli altri, favorendo la socializzazione. Spesso compare uno stato di euforia e benessere, esaltazione interiore mentre diminuiscono le inibizioni perciò i rapporti interpersonali sono facilitati.

Molti fumatori fanno notare che aumenta il desiderio sessuale, si ha un orgasmo più piacevole,qualitativamente superiore e che i contatti fisici sono sentiti in modo amplificato,permettendo di godere al meglio dell’atto sessuale senza essere ossessionati dalle cose che si sono fatte prima o che si devono fare in futuro. Altresì i consumatori riportano che l’effetto disinibente si traduce in una maggiore disponibilità al gioco e in un’intensificazione della sensibilità fisica, dell’eccitazione e delle fantasie sessuali.

In un suo studio Cohen ha indagato gli effetti dei cannabinoidi e ha effettivamente riscontrato, in alcuni individui, un aumento dell’attività sessuale e della gratificazione, mentre in altri soggetti sembravano manifestarsi effetti di segno opposto. Erano soprattutto i giovani adulti a utilizzare la cannabis con questo scopo, rispetto a un gruppo di età maggiore. Tuttavia nei soggetti che ne abusano si riscontra una riduzione della sessualità fino alla disfunzione erettile.

Ad alte dosi può avere effetti negativi sui rapporti sessuali. Janiri, Bricolo e Conte affermano che i derivati della cannabis producono un effetto mentale e comportamentale di pace interiore, di quiete, di distacco dalla realtà, di rimozione dell’ansia. A ciò si associa, in alcuni casi e per alcune dosi, una sorta di quiete sessuale, soprattutto nei maschi. Altri autori evidenziano l’effetto inibitorio dei derivati della cannabis che si traduce in un rallentamento del riflesso eiaculatorio particolarmente ricercato in chi soffre di eiaculazione precoce.

Nelle donne si riscontra un aumento del desiderio sessuale, della capacità di raggiungere l’orgasmo e il rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico.

Tratto da Tossicologia e tossicodipendenza in sessuologia di Carderi A e La Pera G. in Sessuologia medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità (a cura di) Jiannini E., Lenzi A.

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giu 21

Effetto degli oppiacei sul comportamento sessuale

oppiacei e sessualitàCon il termine oppiacei si indicano le sostanze derivate dall’oppio come la codeina, la morfina, che ne è l’alcaloide principale, e altri derivati semisintetici di quest’ultima molecola, prima fra tutte la diacetilmorfina (eroina), che si ottiene trattando la morfina con anidride acetica.

Chi usa eroina, inizialmente prova un benessere fisico, una sensazione di calma e serenità che invade l’anima e soprattutto aumenta la sensazione di fiducia in se stessi. Per questi suoi effetti viene usata per placare l’ansia connessa con le relazioni interpersonali, permettendo un’espressione più libera delle proprie emozioni. Attraverso la sostanza i giovani tentano di eliminare il disagio connesso a un sentimento di inadeguatezza nei confronti del proprio corpo e dell’altro sesso.

Dal resoconto di alcuni consumatori emerge che l’assunzione di eroina, alcune volte, è iniziata nel disperato tentativo di sopraffare la frustrazione connessa all’inadeguatezza sessuale, per diminuire l’ansia inerente ai primi rapporti sessuali o interrompere il circolo vizioso ansia da prestazione-insuccesso-ansia da prestazione, per migliorare le loro prestazioni o per controllare il riflesso eiaculatorio.

Tali effetti positivi sono innescati dal fatto che l’eroina facilita il controllo di una situazione laddove la difficoltà di controllo dipenda da uno stato di tensione o di ansia; in tal caso la sostanza sedativa, eliminando l’ansia, otterrà un effetto, apparentemente paradossale, cioè stimolante. Chi utilizza eroina riscontra soprattutto ritardo nell’eiaculazione e, alle prime somministrazioni, un aumento delle capacità di erezione. Circa il 57% dei soggetti fa uso di diacetilmorfina per ritardare il riflesso eiaculatorio.

Come già accennato, l’eroina, in quanto ansiolitico, ha un effetto positivo indiretto sulle prestazioni sessuali. Infatti l’effetto ansiolitico dell’eroina sarebbe in grado di spezzare il circolo vizioso ansia da-prestazione-insuccesso-ansia da prestazione consentendo così di avere dei rapporti sessuali appaganti. Un altro aspetto sorprendente dell’eroina è l’aumento nel sangue i livelli di ossido nitrico. Con l’eroina sia gli uomini sia le donne provano un’intensificazione della sensibilità fisica dell’eccitazione e delle fantasie sessuali, aumento dell’intensità e della capacità di raggiungere l’orgasmo.

Gli effetti tossici per uso prolungato dell’eroina determinano un rallentamento del comportamento sessuale. Questo accade in quanto l’eroina interferisce con la regolazione centrale del sistema endocrino e quindi altera le funzioni in cui sono implicati i processi ormonali. Così le funzioni sessuali ne risultano notevolmente influenzate. Altresì, agendo sul SNC, l’eroina interferisce con il sistema oppioideo endogeno. Nell’uomo si manifesta una diminuzione della libido sessuale, impotenza, eiaculazione ritardata, riduzione della capacità di raggiungere l’orgasmo e della fertilità. Nelle donne l’eroina può essere ricercata per la sua proprietà di ridurre l’ansia e il dolore associato al rapporto in quanto comporta un rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico e un aumento della lubrificazione. Inoltre l’uso della sostanza nelle donne comporta un incremento del piacere e dell’appagamento sessuale. L’uso cronico di eroina può causare riduzione del desiderio, disturbi mestruali e amenorrea. Le eroinomani presentano in media un maggiore rischio di aborti spontanei e parti prematuri.

Tratto da Tossicologia e tossicodipendenza in sessuologia di Carderi A e La Pera G. in Sessuologia medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità (a cura di) Jiannini E., Lenzi A.

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