All’interno dello spazio duale arriva il momento in cui la coppia sente la necessità di passare dallo status coniugale a quello genitoriale.
Così la coppia inizia ad adoperarsi per dar seguito al proprio progetto procreativo dando spesso per scontata la propria capacità riproduttiva.
Quando la coppia dopo innumerevoli tentativi, inizia ad interrogarsi sul perché il progetto procreativo non va a buon fine, il più delle volte, si presenta allo specialista per avere la conferma che non c’è sia nulla che non vada.
La disattesa della loro aspettativa conseguente alla diagnosi di infertilità è una ferità narcisistica che designa il fallimento del naturale passaggio dalla coppia coniugale alla coppia genitoriale.
La diagnosi viene vissuta come una vera e propria mutilazione nel proseguire la propria specie e il proprio sé biologico, innescando tutto un corollario emozionale tipico del lutto e della perdita.
Una minaccia che mina la propria integrità, salute ed onnipotenza. Essa rappresenta un’esperienza di perdita, un attacco al senso di infallibilità e può portare alla perdita di autostima, fiducia, sicurezza, e speranza. La ferita narcisistica induce sentimenti di angoscia e inadeguatezza di tipo depressivo. Spesso i pazienti lamentano una perdita del gusto della vita e inconsapevolmente si vergognano della condizione di infertilità.
Frequentemente si prova rabbia e odio data dalla disattesa delle aspettative, dei bisogni e dei progetti. Invidia verso i pancioni altrui e la loro capacità fecondativa. Frustrazione e stati d’animo negativi ciclicamente rafforzati dalla ricomparsa delle mestruazioni.
Tale vissuto scatenato dal deficit riproduttivo spesso rende difficile o distruttiva la comunicazione all’interno della coppia, ne aumenta la conflittualità riducendo o annullando “la complicità” amorevole tra partner, anche in altri ambiti e rispetto ad altri obiettivi.
Il linguaggio del corpo diventa rigido e distante comportando delle modificazioni oltre che nella vita relazionale anche in quella sessuale. Emergono o aumentano, così, le difficoltà sessuali.
La condizione di infertilità suscita, infatti, i fattori inibitori dell’esperienza sessuale intesa come evento lucido, quasi a voler banalizzare un rapporto che di fatto non può essere finalizzato alla riproduzione.
Logicamente Il modo di reagire alla diagnosi di infertilità è estremamente complesso, poiché dipende da fattori personali e dalle proprie capacità di fronteggiamento della problematica (self efficacy, resilienza, prole solving), dalle reazioni delle persone significative e dalle credenze insite nella cultura.
Aspetti psicologici della PMA
La diagnosi spesso rappresenta lo spartiacque che designa la fine di una via crucis investigativa e l’inizio di una via crucis curativa.
L’inizio di un percorso di PMA può essere una fase critica per la coppia tanto che il trattamento è soprattutto uno stress psicologico piuttosto che fisico.
La PMA per sua stessa natura viene vissuta come un’intrusione sia fisica sia psicologica che impatta sull’equilibrio della coppia tanto che La maggior parte dei pazienti che afferiscono ai Centri di PMA, in particolare le donne, considerano la valutazione e i trattamenti dell’infertilità l’esperienza più sconvolgente della propria esistenza.
La coppia in trattamento sperimenta tutto un corollario emozionale complesso fatto di disperazione, dolore, speranza, sconforto e demoralizzazione, dubbio e imbarazzo innescato dal vivere l’esperienza di un corpo alienato e meccanizzato e dal dispendio di energie fisiche e psichiche conseguente alla lunghezza dell’iter terapeutico. Ma anche frustrazione e rabbia inerente le sensazione di essere espropriati della propria intimità e di aver perso il controllo sulla propria vita e sulla copro sessualità. Stress per l’investimento emotivo ed economico e paura del fallimento.
È stato dimostrato che in corso di IVF subito prima di iniziare un ciclo molti pazienti riferiscono sintomi depressivi, lievi in più della metà (54%) e moderati e gravi nel 19% dei casi.
Dopo i fallimenti terapeutici non è raro per i pazienti riferire sintomi depressivi, ansia, rabbia e isolamento.
Molti di questi sintomi persistono per lunghi periodi di tempo tanto che in uno studio retrospettivo di Demyttenaere K su 86 coppie che non hanno concepito con IVF, il 66% delle donne e il 40% degli uomini hanno riferito sintomi depressivi dopo un trattamento IVF fallito, e un terzo degli intervistati ha riferito sintomi depressivi anche nei 18 mesi successivi.
Unitamente all’iter terapeutico , la necessità di una programmazione precisa dei rapporti spesso è corresponsabile della temporanea interruzione della soddisfazione sessuale.
La necessità di avere rapporti sessuali in momenti specifici, infatti può avere un notevole effetto negativo sul desiderio e sulla funzione sessuale.
Il sesso diventa meccanizzato e l’intimità diminuisce drasticamente, aggravando lo stress della coppia.
Per alcune coppie, queste difficoltà possono persistere anche dopo aver risolto i propri problemi di infertilità.
I rapporti sessuali, diventano stressanti ed a loro volta fonte di stress, la donna pur di diventare madre, glissa spesso sul desiderio sessuale e sulla dimensione del piacere il partner, vive ogni possibile momento di intimità, come esclusivamente finalizzato al concepimento e quindi abitato da ansia da prestazione e soprattutto fecondazione.
La vita sessuale può subire un condizionamento negativo, con diminuzione della frequenza e della spontaneità dei rapporti e insorgenza di disfunzioni sessuali transitorie, quali difficoltà nel raggiungere l’orgasmo, calo del desiderio, eiaculazione precoce, impotenza secondaria, incapacità di portare a termine il coito o azoospermia transitoria come risposta alla richiesta di rapporti per l’esame post-coitale
Nell’uomo lo stress fisico e psichico causato dal sentirsi responsabile di un atto da cui dipenderà il concepimento di un figlio può, infatti, innescare una risposta d’ansia da fecondazione tale da determinare calo del desiderio sessuale, difficoltà di eiaculazione e disfunzione erettile.
E poi …
poi quando finalmente arriva la gravidanza viene spesso considerata come il premio o la compensazione per le difficoltà incontrate. Nonostante ciò la gravidanza post-infertilità è un tempo carico sia di speranze sia di timori per un possibile aborto.
Le reazioni alla gravidanza dopo un’esperienza di infertilità tendono a collocarsi tra due estremità.
Da una parte può verificarsi un atteggiamento di rifiuto che consiste nel negare lo stato di gravidanza , banalizzare o trascurare la profilassi quotidiana.
Dall’altra parte ci può essere un atteggiamento perfezionista ed eccessivamente preciso, ordinato, scrupoloso nel seguire le indicazioni terapeutiche. La gravidanza viene monitorata in modo ossessivo, non lasciando niente al caso. L’angoscia della paziente è contenuta dalla ricerca di continue rassicurazioni circa l’evoluzione della gestazione.
Tali reazioni sono dovute al fatto che le donne vivono la gravidanza come un “periodo di attesa di una perdita” (Scarselli V.)
Poiché queste donne fanno fatica a mentalizzare il passaggio dall’essere una paziente infertile ad essere paziente ostetrica spesso si ritengono ancora incapaci di credere di poter mettere al mondo un figlio per cui sono in costante allarme per un possibile segnale che annunci un aborto imminente.
Se c’è stata una precedente perdita di gravidanza, l’ansia è notevolmente più alta in entrambi i partner e aumentano le difficoltà di fronteggiamento di ogni minimo problema, difficoltà che si esplica nell’atteggiamento ipercontrollante o si instaura un senso di distacco emotivo a cui segue l’atteggiamento di rifiuto.
L’ansia e le paure sono inoltre mantenute dall’ impossibilità di prevedere e controllare il risultato.
La gravidanza da P.M.A. è così gravata dalla paura che il trattamento aumenti la probabilità che il bambino nasca con un handicap;
preoccupazione per la propria incolumità fisica e dell’esito negativo dell’intervento Medico; timore di non essere capaci di fare le mamme;
rifiuto delle trasformazioni corporee e paura di ingrassare (Pregorexia).
L’importanza del Counselling Sessuologico è soprattutto riferito all’aiuto nel superare gli stati di ansia e di angoscia correlati; diminuire l’incidenza dello stress vissuto; superare i diversi contrasti comunicazionali; fare scelte precise e oculate in merito alle soluzioni proponibili; risolvere le difficoltà e le disfunzioni sessuali.
A livello sessuale interviene sulle possibili difficoltà che si ritrovano durante l’iter di trattamento come la caduta del desiderio, che a sua volta, innesca una riduzione della frequenza dei rapporti sessuali, i disturbi dell’erezione durante il periodo ovulatorio, l’anorgasmia e l’insoddisfazione. Agevola le coppie nel dissociare positivamente la fase della riproduzione da quella sessuale, cercando di eliminare l’ansia da prestazione/fecondazione presente.
A livello emotivo, il sessuologo può offrire supporto alle coppie, permettendo loro di liberare le emozioni, discutere dei timori e di avvicinare argomenti quali l’identità sessuale, la stima di sé e l’immagine del corpo.
A livello della dinamica di coppia, la terapia può essere utilizzata per migliorare o stabilizzare la comunicazione all’interno della coppia, per approfondire aspetti irrisolti o aggravati dalla crisi evolutasi all’interno della coppia e per tutelare o assicurare l’equilibrio della stessa.
A livello di compliance, il counselling sessuologico si interessa delle informazioni relative alla sessualità e al trattamento diminuendo l’effetto dei fattori di drop out motivanti l’abbandono del trattamento.
In uno studio di Van der Broek et al., è emerso che tra le ragioni dell’interruzione del trattamento l’eccessivo carico psicologico rappresentava la maggioranza dei casi (58%)
Dato confermato da Rajkowa et al., che in uno studio su 732 coppie conclusero che i fattori di drop out erano:
Il diminuire con il passare del tempo della possibilità di avere una gravidanza, i continui insuccessi e lo stress psicologico associato.
I fattori di drop out si instaurano se i partners durante il periodo del Trattamento si sentono emarginati e “passivizzati” poiché non sufficientemente informati e resi affettivamente partecipi delle cure mediche a cui si sottopongono e affettivamente “trascurati” dal momento che l’attenzione del medico è rivolta più sul suo corpo e sulle terapie mediche, e non sui loro bisogni.
L’acquisizione di conoscenze sull’infertilità e sulle tecniche di riproduzione, infatti diminuisce lo stress globale e di quello legato alla sfera sessuale e aumenta le strategie di coping limitando il rischio di abbandono o non aderenza al trattamento.
È inoltre fondamentale offrire supporto psicologico alle coppie infertili anche nel momento di successo di un trattamento di riproduzione assistita in modo da facilitare l’adattamento alla gravidanza e la preparazione alla genitorialità.
La consulenza può fornire un prezioso aiuto nell’affrontare non solo i trattamenti di fecondazione assistita ma anche il loro eventuale fallimento.
In particolare il verificarsi di ripetuti fallimenti induce la coppia a confrontarsi in modo realistico con l’impossibilità di avere figli biologici e in tal caso il supporto psicologico può facilitare l’elaborazione del lutto e la reinterpretazione della situazione, che può sfociare nell’adozione o nel prefigurarsi e progettare una vita senza figli.
In tutti i casi di infertilità e procreazione assistita ricorrere al supporto psicologico consente di migliorare la gestione dell’evento in modo da favorire l’esito stesso del trattamento medico.
dr. Anna Carderi
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