Secondo quanto sancito dalla Seconda Consultazione Internazionale sulle Disfunzioni Sessuali del 2003 la terapia della Disfunzione Erettile deve mirare a restituire al paziente una vita sessuale soddisfacente, non solo un’erezione rigida.
Ciò in quanto recuperare l’erezione non significa automaticamente recuperare il senso di se stessi come uomo.
Perchè?
Perché ogni uomo tende ad organizzare, la propria autostima sulla risposta erettiva, vissuta come virilità, e sulla performance vissuta come conferma dell’essere virile.
Questo comporta che la personalità, il comportamento e gli atteggiamenti di un uomo nei confronti della vita siano in gran parte guidati dall’idea che egli ha del proprio pene.
Perché il membro è talmente parte della personalità maschile che il disturbo erettile o momentanee defaillance influenzano in vario modo la vita del soggetto agendo negativamente sulle relazioni sociali e sulla qualità della vita in generale, provocando spesso depressione, ansia e perdita dell’autostima.
Spesso il pazienti dichiara di non sentirsi più un vero uomo, di non valere come persona, sente o pensa di non avere il rispetto della partner, ne teme l’ira, i rimproveri, ha timore di perderla o ha paura che gli altri possano sapere.
Perché la capacità, non solo di raggiungere l’erezione, ma di donare piacere alla propria donna per alcuni soggetti potrebbe rappresentare un “dover dimostrare” un’abilità/capacità di empatia, andando ad incrinare il loro senso di sicurezza, determinando ansia da prestazione, l’angoscia di non essere all’altezza o la paura di non sentirsi sufficientemente preparato.
Perché tale reazione di ansia e di stress, indotta dal sistema ortosimpatico, può inibire la risposta erettiva.
La presenza di pensieri ansiogeni (preoccupazioni circa le proprie prestazioni sessuali e/o per le dimensioni del proprio pene, atteggiamenti negativi verso il sesso ed il piacere, incapacità di abbandonarsi alle proprie sensazioni corporee, mancanza di coinvolgimento e/o novità, lo stress in generale e il desiderio di fare bella figura) impediscono l’attenzione verso le sensazioni indotte dalle stimolazioni esterne e bloccano l’elaborazione di fantasie sessuali eccitanti, facendo quindi venire a mancare importanti componenti di attivazione in grado di far scattare nella corteccia limbica l’interruttore innescante l’erezione.
L’ansia e la distrazione si accompagnano ad un terzo fattore: l’errata focalizzazione sul compito.
È de su di esso che la tecnica sessuale va ad intervenire.
Althof suggerisce di affiancare al trattamento medico una psicoterapia, o terapia sessuale aggiungo io, nei casi in cui:
- la DE dura da tutta una vita
- esiste una bassa confidenza e un’incapacità a parlare col partner delle proprie ansie sessuali
- conflitti psicologici che si aggiungono a fattori medici
- una storia precedente di trattamento medico per un periodo prolungato senza risultati significativi.
Conseguentemente, accanto alla farmacoterapia è necessario uno spazio di intervento psicosessuologico di sostegno al paziente ed alla coppia che consenta la rielaborazione delle ripercussioni emotive del disagio sessuale vissuto fino al quel momento.
dr.ssa Anna Carderi