“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Questo il buon proposito costituzionale (art.3) che nella realtà quotidiana viene costantemente violato. Gli ultimi fatti di cronaca nera riguardanti la messa in atto di comportamenti dichiaratamente xenofobi ne sono un esempio allarmante.
Dietro una presunta superiorità biologica, culturale e morale sullo straniero o meglio sull’estraneo si nasconde la xenofobia letteralmente la “paura del diverso”.
La xenofobia assume le caratteristiche di una vera e propria avversione da parte di un individuo, un gruppo o una società nei confronti dell’estraneo, o di ciò che è insolito.
Nel corso del tempo ha assunto diverse forme che vanno dall’insofferenza all’intolleranza, alla discriminazione, fino a fenomeni di vera e propria violenza dipendente dal colore della pelle, dalla nazionalità, dalla religione, dalla sessualità, come la lotta agli immigrati, agli omosessuali, agli ebrei e ai neri.
Lo xenofobo per legittimare la persecuzione e sedare la paura mette in atto meccanismi distorcenti la realtà che connotano la vittima di caratteristiche mostruose o diaboliche che la disumanizzano rendendola diversa da lui.
È questo disconoscimento dell’altro come simile a noi che legittima la sua persecuzione.
La persecuzione e il sacrificio della vittima, in quest’ottica, è il disperato tentativo di risolvere il problema “paura” sedando l’ansia generata dalla minaccia dell’altro percepito come diverso.
Spesso, il comportamento aggressivo è stimolato, esacerbato e mantenuto dalla percezione di essere in pericolo o che lo siano i propri cari. Questi segnali di pericolo derivano da stereotipi culturali radicati come quella che i Rom rubano, gli immigrati favoriscono la disoccupazione, gli omosessuali sono mentalmente deviati, ecc.
Nonostante il movente xenofobo sia strettamente legato al vissuto personale; in generale può avere la funzione di fornire una valvola di sfogo in cui riversare tutta una serie di problematiche proprie di un individuo con pochi strumenti per gestire la rabbia e la sofferenza interna se non proiettandola su chi, altro non è, se non un capro espiatorio. Inoltre, l’adesione a idee nazionaliste e stereotipe può, in un clima di precarietà e insicurezza sociale, favorire l’appartenenza e la sensazione di una pseudo-protezione.