Le persone che soffrono di anginofobia temono di morire soffocati da qualcosa che vada loro di traverso come del cibo, delle pillole, dei piccoli oggetti (orecchini, bottoni, etc.) dei liquidi e perfino la saliva.
Tale paura li porta a selezionare il cibo per quantità e qualità scegliendo quello che da loro una parvenza di sicurezza, ciò perché l’esposizione allo stimolo fobico (oggetti o situazioni temute) provoca un’immediata risposta ansiosa con picchi che possono assumere la forma di un attacco di panico.
Nell’adulto questa reazione ansiosa imponente, è in genere riconosciuta come irragionevole ed eccessiva rispetto al pericolo corso realmente; nel bambino, al contrario, questa consapevolezza esiste raramente. La paura non riguarda tanto lo stimolo in se stesso quanto le conseguenze spaventose che possono derivare dal contatto con esso.
La anginofobia frequentemente si associa all’agorafobia, al disturbo ansioso generalizzato, alla fobia sociale, alla depressione o al disturbo oppositivo
Gli oggetti o le situazioni temute tendono a comprendere cose che possono realmente rappresentare una minaccia o avere rappresentato una minaccia in qualche momento della storia personale del soggetto.
La fobia spesso si instaura come reazione di evitamento ad eventi realmente accaduti di soffocamento magari ingerendo cibo o lische di pesce vissuti in prima persona o trasversalmente osservando altre persone esposte al trauma o che esprimono paura o attraverso le informazioni ottenute dai media, medici, familiari, amici, etc.
I primi sintomi di solito si manifestano nella fanciullezza o nella prima adolescenza e possono manifestarsi in un’età più giovane per le donne rispetto agli uomini.
La diagnosi richiede che la situazione temuta sia evitata oppure vissuta con estremo disagio e che interferisca significativamente con il funzionamento dell’individuo, nella routine quotidiana della persona e nelle relazioni interpersonali, nel funzionamento lavorativo o nella vita sociale della persona.
Spesso in questi soggetti è stata erroneamente diagnosticata una disfagia cioè un disturbo della deglutizione, o un’iperiflessia faringea.
Per comprendere il disturbo bisogna conoscere il periodo e le circostanze di insorgenza del sintomo.
Il trattamento di elezione è la terapia cognitivo-comportamentale con l’esposizione all’oggetto o situazione temuti, sia “in vivo” che nella “propria immaginazione”.
In vivo l’esposizione necessita del contatto reale con lo stimolo fobico mentre nel secondo caso il confronto avviene attraverso la descrizione data dal terapista e l’immaginazione del paziente stesso.
Queste tecniche di esposizione sono utilizzate sia all’interno di terapie di gruppo che individualmente; nelle riunioni di gruppo l’esempio e l’incoraggiamento degli altri partecipanti sono spesso d’aiuto a convincere la persona ad affrontare la situazione temuta.
Un altro tipo di intervento attuabile è quello psicodinamico.
Dr.ssa Anna Carderi