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apr 18

Vittime della tortura

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Invisibili perché fuori dal nostro immaginario quotidiano, sono le vittime della tortura, cioè di violazioni disumane e degradanti (Convezione di Ginevra, 1949).

La tortura non è un retaggio del passato, come non

è un fenomeno che appartiene solo a determinate società a regime dittatoriale, se si pensa che nel mondo sono oltre 120 le associazioni e i centri riabilitativi atti ad accogliere le vittime di sevizie, ci si rende facilmente conto che il fenomeno esiste e non è poi così marginale.

Unico scopo della tortura è quello di disumanizzare e annientare la personalità delle vittime e in quanto tale, viene vissuta da chi la subisce come un’esperienza devastante, soprattutto se questi ha assistito anche al supplizio di altre persone (uomini, donne, bambini ed in particolarmente familiari).

La tortura, per le sue caratteristiche d’intenzionalità inumane, degradanti e crudeli, di un soggetto (il carnefice) contro un altro (la vittima), non è paragonabile a nessuna altra esperienza traumatica.                                            Sostanzialmente la differenza risiede nel fatto che la vittima si trova a far fronte, con i suoi adusati strumenti, non solo alle conseguenze della tortura, ma ad una violenza che egli esperisce come ancora in atto.

Le reazioni a questo tipo di esperienza sono nella loro soggettività molto simili: depressione, ansia, insonnia, allucinazioni, diffidenza, isolamento (i soggetti non leggono più i giornali, smettono di uscire di casa, etc.), autosvalutazioni e tutto quel corollario di sintomi che rientrano nel disturbo post-traumatico da stress, dove il soggetto costantemente rivive mentalmente (flashbach) gli eventi.

Ben poche sono le vittime che riescono a superare il trauma, ciò dipende dal fatto che l’evento tortura, dal punto di vista razionale, è di difficile elaborazione, in quanto espone la vittima ad una violenza e ad un dolore insostenibile ed assoluto.                                                                                                                                                                 Proprio questa mancata elaborazione dello shock subito, comportando una continua riattualizzazione del trauma e una riacutizzazione della sofferenza ogni qualvolta si presenta uno stimolo associato capace di rievocare l’evento, fa si che la vittima continui a subire passivamente le conseguenze di quanto accaduto.

Dr.ssa Anna Carderi


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